La definizione di ambiente
di Gian Andrea Pagnoni
ultima modifica 3/3/2020
L'ambiente di un individuo, di un oggetto o di una azione, consiste delle sostanze, circostanze, oggetti, individui o condizioni dalle quali è circondato o in cui avviene. Tutte le specie viventi modificano necessariamente l'ambiente, l'uomo non è esente da questa necessità. Negli ultimi secoli il modello di sfruttamento dell'ambiente nel mondo occidentale, che si sta rapidamente estendendo al cosiddetto mondo in via di sviluppo, ha però saturato la capacità dell'ambiente di autorigenerare le risorse e nasce il bisogno di un diritto ambientale per proteggere l'uomo stesso dal degrado ambientale in cui vive e di cui è responsabile.
Per capire il significato del termine e del concetto ambiente, partiremo dallo sviluppo del diritto ambientale, affronteremo la definizione ecologica di ambiente e passeremo all'analisi giurisprudenziale e alle definizioni normative.
ultima modifica 3/3/2020
L'ambiente di un individuo, di un oggetto o di una azione, consiste delle sostanze, circostanze, oggetti, individui o condizioni dalle quali è circondato o in cui avviene. Tutte le specie viventi modificano necessariamente l'ambiente, l'uomo non è esente da questa necessità. Negli ultimi secoli il modello di sfruttamento dell'ambiente nel mondo occidentale, che si sta rapidamente estendendo al cosiddetto mondo in via di sviluppo, ha però saturato la capacità dell'ambiente di autorigenerare le risorse e nasce il bisogno di un diritto ambientale per proteggere l'uomo stesso dal degrado ambientale in cui vive e di cui è responsabile.
Per capire il significato del termine e del concetto ambiente, partiremo dallo sviluppo del diritto ambientale, affronteremo la definizione ecologica di ambiente e passeremo all'analisi giurisprudenziale e alle definizioni normative.
Il diritto ambientale in epoca arcaica e classica
Nonostante alcuni autori, come Jean Jaque Roussou, descrivono, con il "mito del buon selvaggio", l'epoca arcaica come un epoca paradisiaca, il problema del conflitto con l'ambiente ha caratterizzato la storia dell'uomo. Il rapporto uomo e ambiente è stato progressivamente vissuto come un rapporto tra estranei, l'ambiente è oggi percepito dai più come un luogo esterno all'uomo dal quale attingere risorse, dal quale proteggersi e al quale andare in brevi momenti di divertimento. Anche se la tutela ambientale scientificamente strutturata e giuridicamente normata è piuttosto recente nella storia dell'uomo, l'idea di preservare la natura ha radici molto antiche. Già alcuni secoli prima di Cristo in Cina, la tradizione taoista e buddista promuovono il concetto di fengshui, ovvero l'arte di adattare le residenze dei vivi e dei morti in modo armonioso con il "respiro cosmico" prediligendo curve naturali e strutture che si adeguino al paesaggio invece che dominarlo. In Occidente, i "boschi sacri" del mondo romano erano stati precorsi da analoghe iniziative dei popoli italici e, successivamente, la visione giudaico-cristiana di una natura subordinata all'uomo non impedì a San Francesco di diffondere il suo profondo messaggio di rispetto per l'ambiente.
Ma l'uomo diventa sensibile alla tutela dell'ambiente per necessità e solo quando si rende realmente conto che il danno sull'ambiente è già diventato un danno per la propria qualità della vita. Infatti se nell'antichità gli episodi (e le rare norme) di tutela venivano concepiti in un contesto di sacralizzazione della natura, nel medioevo il problema della protezione dell'ambiente comincia ad essere ad essere affrontato con finalità utilitaristiche, allo scopo di salvaguardare beni di cui veniva riconosciuta l'utilità sociale, ad es. boschi o animali il cui eccessivo prelievo impediva di continuare lo sfruttamento. Di seguito elenchiamo alcuni dei momenti salienti nello sviluppo del diritto ambientale in epoca arcaica e classica.
Il diritto medievale
Durante il medioevo (476 d.C. - 1492 d.C.) non viene sviluppata ne una coscienza ambientale ne una programmazione dell'uso delle risorse ambientali che vengono prese in considerazione solamente strumentalmente (cave, miniere, boschi). Infatti non viene sviluppato un vero diritto all'ambiente, piuttosto le risorse venivano tutelate al fine di un migliore sfruttamento e l'uomo comincia così a tentare di risolvere i conflitti che strutturalmente ci sono tra tutela dell'ambiente e sviluppo dell'economia e si diffonde, sempre nel medioevo, un nuovo istituto: la riserva di caccia, intesa come privilegio ereditario di nobili e sovrani per l'esercizio venatorio, il quale svolgeva un importante ruolo di addestramento militare e per l'approvigionamento alimentare delle classi elevate. Si evolve in questo periodo anche il diritto forestale, di cui la Repubblica di Venezia con i suoi "boschi banditi" fornisce gli esempi più rilevanti e sviluppa una consistente legislazione demaniale e collettiva. Molte leggi furono infatti emanate dal Consiglio dei Dieci della Serenissima, allo scopo di proteggere e regolare l'uso della risorva boschiva essenziale sia come materia prima sia in relazione ad un problema di primaria importanza per Venezia, ovvero la difesa della laguna. Tra 1400 e 1500 si affermò una visione unitaria della salvaguardia del territorio, che fece dell'equilibrio tra utilizzo e tutela l'asse portante della politica forestale veneziana. I regime giuridico a cui era assoggettato il demanio pubblico naturale costituiva un importante strumento di tutela ambiental, ma le regole degli usi civici e del diritto collettivo imponevano limiti allo sfruttamento delle terre di appartenenza comune.
In Boemia nel X secolo vi è la presenza di un diritto consuetudinario che regolamenta le attività estrattive. Tale esperienza si è poi rinnovata nel 1.100 in Sassonia e nel 1.400 in Tirolo e nella Valle Aurina.
Dove c'era un sovrano assoluto si potevano creare condizioni di maggior tutela dell'ambiente (sempre come elemento di sfruttamento) rispetto alla tutela degli uomini. Nel 1066 Guglielmo il conquistatore promulga la pena di morte in caso di uccisione di cervi della foresta reale (New Forest): risutla evidente la maggiore importanza della tutela ambientale rispetto ai diritti degli abitanti. Anche se in questo caso più che una tutela dell'ambiene in senso lato l'obiettivo era preservare la risorsa di esclusiva proprietà della casa reale.
La rivoluzione industriale e la visione estetica della natura
La rivoluzione industriale cambiò radicalmente il quadro di riferimento. In un contesto sociale caratterizzato da una riduzione progressiva del proletariato rurale per effetto della crescente urbanizzazione e industrializzazione, si crearono i presupposti per una nuova immagine “disinteressata” dell’ambiente: la natura, liberata dalle sue funzioni produttive e concepita come luogo idilliaco di riposo e contemplazione, assunse un valore intrinseco, la cui salvaguardia non dipendeva più dall’azione esclusiva dei governanti, ma diventava il frutto di rivendicazioni sociali.
La nuova filosofia trovava riscontro nella duplice volontà di evasione, verso il passato e verso la natura, della cultura romantica, che ispirò nella seconda metà del secolo XIX numerosi movimenti di opinione per la tutela di siti storici e paesaggi naturali.
In questo clima culturale vanno quindi collocati i primi episodi di tutela pubblica della natura, sollecitati dagli sconvolgenti effetti sociali e ambientali provocati dalla nuova era industriale, verso la quale le opposizioni aumentavano progressivamente.
La prima area protetta di cui si ha notizia è quella dell’Arkansas, negli Stati Uniti d’America, dove nel 1832, con un atto ufficiale del Congresso, fu posto sotto tutela il territorio corrispondente alle sorgenti termali Hot Springs.
In Europa il primo intervento si ebbe in Francia, con la creazione nel 1853 di una “riserva artistica” nella foresta di Fontainebleau, per sospendere le utilizzazioni boschive che minacciavano la suggestiva selva e permettere ai pittori della Scuola di Barbizon di ritrarne gli aspetti esteticamente più rilevanti. A questa iniziativa fece seguito, nel 1870, l’istituzione della Riserva Naturale del Creux-de-Van, realizzata allo scopo esclusivo di protezione del paesaggio.
La nascita di un diritto internazionale dell'ambiente
Il diritto internazionale è un insieme di principi regole e norme che disciplinano i rapporti tra i soggetti "internazionali". Si nota infatti che in mancanza di regolamentazioni precise i poteri forti tendono a prevalere. Ad esempio in un periodo di crisi dell'ONU alcuni stati tendono a dettare le regole dei rapporti tra gli stati in funzione delle esigenze del singolo soggetto.
Ricordiamo che dopo la caduta dell'impero romano non esistevano gli stati nella nostra concezione moderna, esisteva infatti l'impero con l'imperatore e la potestà papale e non c'erano vaste autonomie. Il diritto internazionale nasce formalmente dopo la pace di Westfalia (1648) quando, dopo la guerra dei 30 anni, si formano gli stati con una loro sovranità.
Il diritto internazionale nasce quindi per risolvere problemi di vicinato tra Stati. L'espressione diritto internazionale (international law) viene coniata da Bentan nel libro sui principi morali nel XVIII secolo. Ci avviciniamo alla Rivoluzione Francese e grande importanza ha nel '700 il filosofo e scrittore politico francese Etienne-Gabriel Morelly la cui opera più conosciuta (a lungo attribuita a Denis Diderot) è il Codice della natura (Code de la nature, 1755). Partendo dal presupposto che le leggi di natura sono buone perché sono al contempo leggi di Dio e della ragione, Morelly propone di costruire un nuovo sistema sociale che non consenta all'uomo di diventare malvagio. La filosofia di Morelly, incentrata su un'ottimistica concezione della storia che affida alla ragione il compito di guidare l'umanità verso la felicità e il progresso, esercitò un profondo influsso sui maggiori esponenti dell'illuminismo, in particolare Rousseau.
Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), filosofo e scrittore svizzero di lingua francese, fu uno dei maggiori rappresentanti dell’illuminismo. Con il contratto sociale Rousseau delineò un modello di convivenza politica entro il quale l’individuo, obbedendo alla legge, non cessava però di essere libero. Ciò è possibile nella misura in cui la legge, anziché essere espressione dell’arbitrio di un sovrano assoluto, esprime piuttosto la volontà generale: obbedendo a essa, ciascun individuo obbedisce a se stesso, poiché, secondo Rousseau, nella volontà generale, che ha come suo scopo l’interesse sovraindividuale della collettività, l’io di ciascuno si identifica con l’io di tutti.
Nonostante il fiorire di opinioni filosofiche, tra 1700 e 1800 vi è una totale latitanza del diritto dell'ambiente a livello internazionale, questo perché di fatto non si sente di fatto una precisa esigenza di intervenire in tal senso. L'esigenza di sviluppare un diritto dell'ambiente internazionale matura dopo la seconda guerra mondiale, e non è un caso che le grandi sensibilità collettive di tutela dell'uomo si siano sviluppate laddove maggiori sono stati i grandi casi di danni alla collettività (tra cui ricordiamo il Grande smog di Londra (1952 ), la Petroliera Torrey Canyon (Cornovaglia, Gran Bretagna, 1967), la nube di diossina a Seveso (Italia 1976), la Union Carbide (Bophal, India, 1984) e la Esplosione della centrale nucleare di Chernobyl (Ucraina, 1986).
Negli anni 60/70 del XX secolo, quando la comunità internazionale percepisce la complessità della situazione ambientale, l'ambiente diventa fonte di ispirazione normativa a tutti gli effetti a livello internazionale. E' però opportuno evidenziare i precedenti degli anni '40 con alcune sentenze pronunciate a livello internazionale che sanciscono un obbligo di non inquinare:
I primi atti internazionali rivolti alla tutela ambientale
Uno dei primi documenti internazionali di tutela ambientale è la Dichiarazione di Stoccolma sull’Ambiente Umano, adottata il 16 giugno 1972, al termine della prima Conferenza sull’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP). Questa Dichiarazione apre la strada ad una serie di successivi interventi della Comunità Internazionale sul tema della tutela ambientale, ponendo le fondamenta della politica ambientale internazionale e dando una spinta alla definizione di politiche ambientali nazionali. Così in Europa, al Vertice di Parigi del 19-20 ottobre 1972 e nella successiva Conferenza di Bonn del 31 ottobre, i Capi di Governo dei diversi Stati membri sancirono solennemente l’impegno di dedicare “un’attenzione particolare ai valori e ai beni non materiali e alla protezione dell’ambiente naturale, onde porre il progresso al servizio dell’uomo”. Ed è infatti a partire dal 1973 che la politica ambientale entra tra le priorità della Comunità, dapprima senza un fondamento diretto, visto che il trattato di Roma non prevedeva alcun obiettivo di carattere ambientale, e poi con uno specifico riconoscimento dell’azione comunitaria in materia ambientale (Atto Unico Europeo, 1986) e infine come politica con il trattato di Maastricht, 1992. Dal 1973 la Comunità si prefigge obiettivi di tutela ambientale e determina le misure da adottare al fine di perseguirli attraverso Programmi di Azione Ambientale, con un’attenzione e un dettaglio tali nella loro definizione da rendere sempre più vincolanti queste disposizioni che erano nate invece come mero impegno politico di carattere programmatico.
Sempre negli anni Settanta si collocano altre Conferenze internazionali su temi ambientali che preoccupazione della comunità internazionale: ricordiamo la Convenzione di Helsinki del 1974 per la protezione dell’ambiente marino nel Baltico, la Convenzione di Barcellona del 1976 per la protezione del Mediterraneo, la Convenzione europea di Berna del 1979 per la conservazione delle specie di flora e fauna selvatica e del loro habitat in Europa, solo per citare le più importanti. Si moltiplicano anche le organizzazioni internazionali che perseguono fini di tutela più o meno direttamente ambientale. Accanto all’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, e all’UNECE, la Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite, ricordiamo l’OCSE, Organizzazione per la co-operazione e lo sviluppo economico, la FAO, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, l’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità. E’ interessante segnalare che già in queste sedi la VIA era presa in considerazione come strumento da implementare al fine di migliorare la considerazione delle questioni ambientali. Nel 1974 l’OCSE ha formulato una raccomandazione perché gli Stati Membri “mettano a punto procedure e metodi per prevenire ed analizzare le conseguenze nell’ambiente dei progetti pubblici e privati importanti suscettibili di avere una incidenza sensibile sulla qualità ambientale”.
L’UNEP inoltre ha posto tra le proprie priorità l’adozione della VIA per i programmi di sviluppo delle agenzie specializzate dell’ONU e la messa a punto di metodi di valutazione adatti alla realtà dei Paesi in via di sviluppo, mentre, sia l’UN-ECE che il Consiglio d’Europa hanno avviato le prime iniziative per lo studio del problema negli anni immediatamente successivi, rispettivamente con il documento ECE/ENV/35 del 19 Febbraio 1981 e con la Risoluzione No 1 della Seconda Conferenza Europea dei ministri dell’Ambiente, tenutasi a Bruxelles il 23-24 Marzo 1976.
L'uso del termine
Per molto tempo con il termine "ambiente" si è indicato il risultato di una serie di processi essenzialmente naturali, considerati all'origine di tutto ciò che è intorno all'uomo. Il termine “ambiente” deriva dal latino ambiens, participio presente del verbo ambire, che significa “circondare”. Lo stesso prefisso amb (simile al greco amphi) indica “intorno, da ambo i lati”. Praticamente identica è l'etimologia in altre lingue europee: in inglese environment deriva dal francese envìronnement vocabolo composto dal prefisso en (intorno) e dal verbo virer (girare), in tedesco Umwelt, è composto dal prefisso um che precede il sostantivo Welt (mondo), indicando "ciò che sta intorno". L'etimologia è sostanzialmente identica in lingua cinese (mandarino) dove la parola huán-jìng è la somma dei vocaboli "anello" e "confini".
Nelle diverse etimologie del termine riconosciamo quindi un significato profondamente antropocentrico, in cui l'uomo non è visto come parte integrante della biosfera, ma come entità e fattore che, pur al centro del mondo, ne risulta in realtà esterno, capace di plasmare e gestire un "ambiente" creato appositamente per le proprie necessità e in virtù delle superiori doti intellettive. Tale visione antropocentrica, già presente nel mondo greco-romano e avvalorata dal pensiero cristiano-occidentale, si è leggermente modificata nel mondo occidentale dal secondo dopoguerra, e nei paesi in via di sviluppo è in corso di profonda modifica. La crescita demografica, lo sviluppo di tecnologie a forte impatto ambientale, le maggiori conoscenze scientifiche e, nella seconda metà del Novecento, la diffusione delle opinioni di massa grazie a radio, televisione e internet, hanno determinato una maggiore consapevolezza dei rischi che l'uomo corre e una percezione meno antropocentrica dell'ambiente.
Possiamo suddividere il concetto di ambiente in tre nozioni principali:
In biologia l’ambiente indica tutto ciò che può influire direttamente sul metabolismo o il comportamento di un organismo, di una popolazione o di una specie. Più specificamente, in ecologia (un tempo branca della biologia) l'ambiente può avere diverse accezioni, può essere definito come un sistema di condizioni esterne in cui un organismo vive. L'ambiente è pertanto composto da elementi abiotici (luce, aria, acqua, suolo, ecc.) e da elementi biotici (altri esseri viventi e loro relazioni) tra i quali sussistono continui flussi di materia ed energia in un verso e nell'altro. In geologia si definisce ambiente l'insieme delle condizioni fisiche, chimiche e biologiche entro le quali un minerale o una roccia si forma. In termodinamica, l'ambiente è la parte di universo che esula dall'oggetto di studio, si riferisce quindi a qualsiasi cosa che non è parte del sistema sotto analisi, e può ricevere o fornire calore da o ad esso. In chimica e biochimica, è la natura chimica di una soluzione nella quale avviene una reazione, principalmente il suo pH (ovvero se è acida o alcalina).
In contesto non-tecnico, come in politica, si riferisce spesso all'ambiente naturale come la parte del mondo naturale che viene considerata importante o di valore dagli esseri umani, per qualsivoglia ragione. In ambito umanistico (letteratura, storia e sociologia) è l'ambito culturale in cui una persona vive o è stata educata, e le persone o istituzioni con cui essa interagisce (ambiente sociale). In architettura, ergonomia e sicurezza del lavoro è l'insieme di elementi di una stanza o edificio che influiscono sul benessere e l'efficienza dei suoi occupanti; comprese dimensioni e disposizione degli spazi abitabili e del mobilio, luce, ventilazione, temperatura, rumore, ecc. (ambiente abitativo). In informatica, significa in generale dati, processi o apparecchiature, che, anche se non esplicitamente indicate come parametri della computazione, possono comunque influire sul risultato.
Tutti questi tipi di ambiente, per il fatto di essere in relazione tra loro e con l'uomo possono essere alterati da agenti esterni. Questa alterazione è definita inquinamento e può variare secondo: natura, origine, risultato.
Oltre alle elaborazioni svolte dal mondo scientifico-naturalistico ve ne sono anche da parte del mondo giuridico (legislatori, magistrati, ecc.) e per l'analisi ambientale sono particolarmente importanti i significati dal punto di vista ecologico e giuridico. Nei prossimi paragrafi analizzeremo quindi i significati di ambiente e le difficoltà interpretative di tipo scientifico e giurico.
Nozione di ambiente in senso ecologico
Il termine ecologia (che deriva dal greco oikos=casa e logos=studio) fu coniato nel 1866 da Ernst Haeckel. La definizione originaria era: "totalità delle scienze delle relazioni dell'organismo con l'ambiente, comprese tutte le condizioni dell'esistenza nella loro accezione più ampia". Diversamente da quanto credono in molti, l'ecologia non è la scienza che si occupa della protezione della natura o dell'inquinamento, ma è lo studio interdisciplinare che, richiedendo il contributo di più discipline (geografia, botanica, zoologia, biologia, biochimica, medicina, antropologia, etc.), si occupa dei rapporti tra gli esseri viventi (uomo incluso) e l'ambiente fisico in cui vivono.
L'ecologia analizza le relazioni all'interno di diversi livelli spaziali gerarchici: la biosfera (il luogo della terra all'incirca tra i 10.000 m sopra e i 10.000 m sotto il livello della superficie in cui è possibile la vita come noi la conosciamo), i biomi (es. la tajga siberiana, il deserto, la savana, l'oceano, ecc.), gli ecosistemi, le comunità e le popolazioni.
Il termine ed il concetto di ecosistema fu elaborato nel 1935 da A.G. Tansley per definire l'insieme degli elementi viventi e non viventi che in uno stesso spazio fisico sono legati e tenuti in equilibrio da una serie di complesse relazioni di interdipendenza. In ecologia si definisce quindi ecosistema come l'insieme degli organismi viventi (comunità o biocenosi), dell'ambiente fisico circostante (habitat) e delle relazioni biotiche e chimico-fisiche all'interno di un "definito" spazio della biosfera.
L'ecosistema è in realtà un sistema aperto caratterizzato dal flusso unidirezionale dell'energia dall'esterno e dal ricircolo della materia al suo interno. L'ecosistema è infatti suddiviso in livelli trofici che dipendono gli uni dagli altri: alla base ci sono i produttori (batteri chemiosintetici, alghe, piante fotosintetiche) che utilizzano l'energia proveniente dall'esterno (es. sole o particolari condizioni chimico fisiche come quelle presenti presso i gayser o le sorgive idrotermali oceaniche) per sintetizzare molecole organiche (es. glucosio) partendo da molecone inorganiche (acqua e anidride carbonica). I consumatori primari (es. erbivori terrestri o bivalvi marini) utilizzano i produttori primari (es. piante o alghe), i consumatori secondari (carnivori) utilizzano i primari e alla morte di tutti questi la materia organica di cui sono costituiti viene demolita dai decompositori (insetti e batteri) liberando molecole inorganiche che rientrano in circolo a livello dei produttori primari.
Tenendo presente questo, risulta evidente che la definizione spaziale di un ecosistema è arbitraria: ne la terra ne l'intestino di un dromedario sono sistemi chiusi dato che ricevono energia (luce solare o bolo alimentare) e liberano energia (albedo o feci). Per questo possono essere considerati ecosistemi sia il deserto sia l'oasi al suo interno sia l'intestino del dromedario che si sta abbeverando. La delimitazione spaziale di un ecosistema è spesso collegata alla necessità descrittiva dello stesso o dalla necessità di limitare l'ambito della analisi in atto sul dato sistema da parte di un ricercatore: un limnologo per studiare un ecosistema lago dovrebbe come minimo allargare i confini di studio al bacino imbrifero. A seconda della condizione dell'ecosistema possiamo dare ulteriori sottodefinizioni:
La definizione di ecosistema, ambiente e habitat
Secondo alcuni la differenza tra ecosistema e ambiente è nelle dimensioni dello spazio che contiene gli elementi caratterizzanti, ovvero un ambiente includerebbe in sé centinaia di ecosistemi. In realtà avendo il termine "ambiente" diverse accezioni, dal punto di vista prettamente scientifico in ecologia generale non viene utilizzato, e si preferisce utilizzare i termini "comunità" per la componente biotica, "habitat" per la componente abiotica ed "ecosistema" nella definizione precedentemente data.
Prima di analizzare il termine ambiente dal punto di vista giuridico, ricordiamo che il concetto di habitat come definito dalla Direttiva 92/43/CEE "Habitat" è diverso dalla originaria definizione ecologica del termine. Infatti l'art. 3, comma 1, definisce gli habitat naturali "le zone terrestri o acquatiche che si distinguono in base alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali" e l'habitat di una specie come "ambiente definito da fattori abiotici e biotici specifici in cui vive la specie in una delle fasi del suo ciclo biologico". Analizzando gli allegati della direttiva stessa risulta evidente che le modalità per definire un "habitat" sono principalmente legati alle metodiche della fitosociologia. Si può concludere sostenendo che nella Direttiva comunitaria l'habitat è sinonimo di un'area geografica (denominata Sito di Interesse Comunitario), individuabile tramite opportune carte di riferimento, in cui vivono determinate comunità o specie oggetto di tutela.
Le fonti normative comunitarie di diritto ambientale
Nel settore ambientale l’Unione Europea ha già prodotto due generazioni di normative con parziali cambiamenti di rotta. Questo ha indotto il nostro legislatore a rivedere in modo sostanziale ambiti normativi già molto complessi.
Nel testo della Costituzione europea il richiamo all’ambiente è più esplicito rispetto alla nostra Costituzione e sancisce gli impegni dell’Unione in merito alla sua Politica Ambientale. L’art. III-233 indica i principi cardine della Politica ambientale che “mira ad un elevato livello di tutela, tenendo conto delle diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione”.
L’importanza di prevedere un impegno ambientale nella fonte più importante di un ordinamento giuridico è segnale di integrazione della politica ambientale nelle altre politiche comunitarie.
La politica ambientale dell’Unione è dunque basata oltre che sul principio fondamentale di tutela sui principi dell’azione preventiva, del principio di precauzione e correzione alla fonte, del principio del “chi inquina paga” e del principio dello sviluppo sostenibile.
La Costituzione italiana e le leggi costituzionali
La Costituzione italiana, a differenza di altre Costituzioni di Stati europei, non cita direttamente l’ambiente. Ad individuare l’ispirazione costituzionale di tutela dell’ambiente è sempre la Corte Costituzionale che, con la stessa sentenza n. 641 del 1987, afferma che “nel nostro ordinamento giuridico la protezione dell’ambiente è imposta da precetti costituzionali (art. 9 e 32 Cost) e assurge a valore primario ed assoluto”. I riferimenti all’ambiente presenti nel Testo Costituzionale sono:
Fonti di diritto ordinario
Elaborazione dottrinaria
Secondo l'elaborazione dottrinaria sviluppata in Italia negli anni '70 dal Prof. Massimo Severo Giannini, il rapporto uomo-ambiente è un rapporto di mutua aggressione. Ovvero quando l'ambiente viene aggredito (es. carico di inquinanti) esso restituisce l'aggressione e il risultato è uno sbilanciamento del rapporto verso una condizione ancor più pericolosa per l'uomo stesso. Una impostazione del Prof. Giannini fu anche quella di individuare il paesaggio assieme a quelle risorse che riguardano direttamente l'uomo e questo anticipa alcune norme come ad es. la legge Galasso.
Sempre dal punto di vista dottrinario, negli anni che seguono il boom economico si comincia a parlare di ambiente in 3 gruppi distinti istituti giuridici:
Elaborazione legislativa e giurisprudenziale
Le elaborazione secondo altre Istituzioni Internazionali sono indietro rispetto all'UE. Il primo documento con il quale è stata formulata a livello internazionale la nozione di ambiente è il testo elaborato da un Comitato di esperti incaricati dalla 15° conferenza dei Ministri di Giustizia del Consiglio d'Europa ad Oslo (17-19/06/1986), in materia di responsabilità per danni da attività pericolose. In tale contesto fu elaborata per la prima volta una definizione giuridica di ambiente, costituito dalle seguenti componenti:
In un unico atto della UE (allegato VI della Direttiva 98/8/CE del 16 febbraio 1998 e relativa all'impiego di sostanze pericolose) viene proposta la nozione di ambiente: "per ambiente deve intendersi: acqua, compresi i sedimenti, aria, terra, specie della fauna e flora selvatiche e relative interrelazione, nonché le relazioni tra tali elementi e gli organismi viventi". Questa è una definizione ancora oggi parziale perché: non comprende aspetti fondamentali quali l'uso del territorio, l'aggressione al paesaggio, la violazione al bene storico-artistico, le diverse forme di inquinamento, le varie aggressioni alla salute dell'uomo.
Al momento della nascita della Costituzione della Repubblica (1948) non vi era una definizione di ambiente e tale vuoto normativo è rimasto, probabilmente volontariamente, fino ad oggi. Dal punto di vista giurisprudenziale, i primi accenni all'ambiente in Italia sono legati ad una visione estetica e statica del paesaggio come bellezza naturale percepita dall’esterno. Infatti al momento della Costituente erano già in vigore due norme per molti versi ancora attuali: la Legge 1089/1939 sui Beni Culturali e la Legge 1497/1939 sulle Bellezze Naturali. L’art. 9 della costituzione italiana parla esplicitamente di paesaggio quando sostiene che "La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione" e proprio tale articolo è stato a lungo l'unico riferimento costituzionale in materia di ambiente.
Dagli anni '70 e '80 si sviluppa una giurisprudenza consolidata e l'ambiente viene visto come valore e come insieme. La Cassazione definisce che l'ambiente deve essere tutelato in quanto tale (valore). Ad esempio si parla di servizio pubblico di depurazione. Al tempo stesso l'art. 734 del codice penale dice che "Chiunque in qualsiasi modo distrugge o altera bellezze naturali è punito ...". Risulta evidente che si è passati da una visione estetica e statica del paesaggio come bellezza naturale percepita dall'esterno ad una definizione più ampia del concetto di ambiente come un soggetto avente proprietà emergenti che sono al di sopra delle sue componenti essenziali ed intrinseche (suolo, aria, flora, fauna, ecc.) e che quindi deve essere intenso nel suo insieme, nella sua totalità.
Dal concetto di ambiente come soggetto si passa al rapporto di questo con l'uomo. La Suprema corte di Cassazione in una sentenza (Cass. S.U. 6 ottobre 1979 n. 5172) stabilisce che l’ambiente è un fenomeno unitario e che, come un diritto della personalità, costituisce un diritto fondamentale dell’uomo.
Secondo la Corte Costituzionale (sentenza n. 641 del 1987), “l’ambiente non è passibile di una situazione soggettiva di tipo appropriativo appartenendo alla categoria dei beni liberi, fruibili dalla collettività e non dai singoli". Tuttavia l’”ambiente salubre”, inteso in una concezione sanitaria di ambiente giuridicamente apprezzabile e rilevante (art. 32 Cost.) può essere collegato ai diritti della persona, che comprendono anche l’integrità fisica e psichica e la salvaguardia della qualità della vita.
Secondo la Cassazione Civile 4362/1992 "L'ambiente in senso giuridico costituisce un'insieme che pur comprendendo diverse componenti si distingue ontologicamente da questi e si identifica in una realtà priva di consistenza materiale, ma espressiva di un autonomo valore collettivo".
La Corte di Cassazione (Cass. Pen., sez. III, 28 ottobre 1993, n. 9727, Benericetti) si è impegnata a dare una definizione di ambiente affermando che per “ambiente deve intendersi il contesto delle risorse naturali e delle stesse opere più significative dell’uomo protette dall’ordinamento … l’ambiente è una nozione, oltreché unitaria, anche generale, comprensiva delle risorse naturali e culturali, veicolata nell’ordinamento italiano da diritto comunitario”.
Ricordiamo che con la riforma del titolo V della Costituzione (2), che ha attribuito allo Stato la competenza legislativa esclusiva in tema di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» (art. 117, co. 2 lett. s) l’ambiente ha una propria rilevanza costituzionale.
Passando dalla giurisprudenza all'ambito legislativo, ricordiamo che le prime norme in materia ambientale del nostro ordinamento sono state fonti di diritto ordinario, mentre negli ultimi decenni la normativa ordinaria italiana per la tutela dell’ambiente si è notevolmente sviluppata per il recepimento delle direttive europee. Tra le prime leggi in materia ambientale si possono citare:
Nella "Legge quadro sulle aree protette" (Legge 394/1991) si enucleano i principi fondamentali del nostro sistema giuridico ambientale. Si fa esplicito riferimento a: a) norme costituzionali (art. 9 sulle bellezze paesaggistiche e art. 32 sulla salute umana), b) riferimenti scientifici (scienza, patrimonio naturale), d) politiche ambientali (tutela, valorizzazione e conservazione del territorio), e) riferimenti giurisprudenziali (in particolare agli interventi della Corte Costituzionale quando invita ad una leale cooperazione tra Enti (Regione, Provincia, ecc.), f) carta della natura (adottata da una comitato su proposta del Ministro dell'ambiente che ha la finalità di evidenziare lo stato dell'ambiente, i punti migliori e i vulnerabili).
Il Decreto 152/2006 non fornisce una esplicita definizione di ambiente, e fino alla revisione prevista dal D.lgs. 104/2017 poteva essere desunta dalla definizione di "impatto ambientale". All'art. 5, comma 1, lettera c, il decreto definiva l'impatto ambientale come "l’alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti". Era evidente, nel passaggio "inteso come", la implicita definizione del termine all'interno di una più ampia definizione del concetto di impatto ambientale.
Con la revisione prevista dal D.lgs. 104/2017 l'art. 5, comma 1 lettera c viene sostituito dal seguente: c) impatti ambientali: effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un programma o di un progetto, sui seguenti fattori: popolazione e salute umana; biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE; territorio, suolo, acqua, aria e clima; beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio; interazione tra i fattori sopra elencati.
Risulta evidente a questo punto che sia il legislatore comunitario sia quello nazionale non hanno ritenuto di affrontare la questione definitoria, puntando l’attenzione sull’individuazione dei principi per la tutela effettiva dell’ambiente; tutela volta alla prevenzione prima che alla riparazione del danno ambientale. L’omissione costituisce la conferma della fondatezza della tesi sostenuta in un noto saggio da Massimo Severo Giannini secondo il quale «in realtà nel linguaggio normativo l’ambiente, per quanto di continuo evocato, non è definito né definibile, non ne sono precisate le condizioni d’uso, né è riducibile in enunciati prescrittivi» (3).
Alla luce di questa illuminata affermazione appare scontato l’esito del dibattito che ha condotto alla constatazione della irresolubilità del problema: non si sfugge infatti dall’alternativa tra definizioni che, seppur complete, risultano talmente ampie da rendere evanescente ogni tutela apprestata all’ambiente e definizioni più circoscritte, ma inevitabilmente parziali e descrittive di una pluralità di settori che trascurano altri ambiti di interesse e le conseguenti correlazioni (4).
Probabilmente, l'ambiente rimarrà quindi giuridicamente indefinito.
1) Deshkar S.M. 2010. Kautilya Arthashastra and its relevance to Urban Planning Studies. Institute of Town Planners, India Journal 7 - 1, 87 - 95, January - March 2010. http://www.itpi.org.in/uploads/journalfiles/jan8_10.pdf
2) Legge cost. 18-10-2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, in G.U. del 24 ottobre 2001, n. 248.
3) Giannini M.S. , Ambiente: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 15.
4) Morbidell G.i, Il regime amministrativo speciale dell’ambiente, in Studi in onore di Alberto Predieri, Milano, 1996, 1122.
Nonostante alcuni autori, come Jean Jaque Roussou, descrivono, con il "mito del buon selvaggio", l'epoca arcaica come un epoca paradisiaca, il problema del conflitto con l'ambiente ha caratterizzato la storia dell'uomo. Il rapporto uomo e ambiente è stato progressivamente vissuto come un rapporto tra estranei, l'ambiente è oggi percepito dai più come un luogo esterno all'uomo dal quale attingere risorse, dal quale proteggersi e al quale andare in brevi momenti di divertimento. Anche se la tutela ambientale scientificamente strutturata e giuridicamente normata è piuttosto recente nella storia dell'uomo, l'idea di preservare la natura ha radici molto antiche. Già alcuni secoli prima di Cristo in Cina, la tradizione taoista e buddista promuovono il concetto di fengshui, ovvero l'arte di adattare le residenze dei vivi e dei morti in modo armonioso con il "respiro cosmico" prediligendo curve naturali e strutture che si adeguino al paesaggio invece che dominarlo. In Occidente, i "boschi sacri" del mondo romano erano stati precorsi da analoghe iniziative dei popoli italici e, successivamente, la visione giudaico-cristiana di una natura subordinata all'uomo non impedì a San Francesco di diffondere il suo profondo messaggio di rispetto per l'ambiente.
Ma l'uomo diventa sensibile alla tutela dell'ambiente per necessità e solo quando si rende realmente conto che il danno sull'ambiente è già diventato un danno per la propria qualità della vita. Infatti se nell'antichità gli episodi (e le rare norme) di tutela venivano concepiti in un contesto di sacralizzazione della natura, nel medioevo il problema della protezione dell'ambiente comincia ad essere ad essere affrontato con finalità utilitaristiche, allo scopo di salvaguardare beni di cui veniva riconosciuta l'utilità sociale, ad es. boschi o animali il cui eccessivo prelievo impediva di continuare lo sfruttamento. Di seguito elenchiamo alcuni dei momenti salienti nello sviluppo del diritto ambientale in epoca arcaica e classica.
- In epoca preistorica, l'autorità era una evoluzione del capobranco, le scelte erano basate su accordi o sottostavano all'esercizio del potere fisico, non vi erano norme scritte a cui potersi appellare;
- Nel 1760 a.C. il codice Hammurabi (re babilonese) è un importantissimo codice che regolamenta l'uso del territorio con la costruzione di canali per l'irrigazione (anticipando grandi civiltà che avranno un impatto importante sul territorio come gli Egizi con la gestione delle acque del Nilo e i Cinesi con il Canale Imperiale del 600 d.C.). Il codice Hammurabi prevedeva sanzioni in caso di problemi negli scambi commerciali, prevede la difesa della salute delle persone anche attraverso sanzioni per gli errori dei medici. E' di fatto la prima traccia di un codice sull'ambiente e la salute.
- Aristotele (IV sec. a.C.), ritenuto da molti un ecologo ante litteram per la sua attenzione al mondo naturale, aveva elaborato una distinzione in due regni (vegetale ed animale) e fu il primo a proporre un sistema di classificazione delle specie del regno animale (usato fino al 1859). Sebbene non propone un codice di tutela dell'ambiente Aristotele traccia senza dubbio una linea filosofica di studio e rispetto della Natura.
- In India, attorno al 350 a.C. viene scritto il trattato di Arthashastra, letteralmente "scritture sul benessere", in cui si sostiene che la ricchezza di una nazione risiede nelle due forme del territorio e dei suoi abitanti. Il trattato prescrive misure di protezione dalle calamità naturali e da quelle procurate dall'uomo, mette grande enfasi sulla moralità del vivere urbano nel generare benessere e detta misure sulla protezione dell'ambiente, degli animali e di "alcune foreste con animali da caccia aperte a tutti" (1). Nel 242 a.C., sempre in India, l'imperatore Asoka promulga un editto in cui la protezione di pesci, animali e foreste asume una veste legale.
- In epoca romana la pressione dell'uomo sull'ambiente diventa sensibile e cominciano diverse forme di inquinamento:. l'inquinamento da piombo causato dal metallo utilizzato per le condotte degli acquedotti, l'inquinamento atmosferico causato dai vapori delle cucine, lo smaltimento dei rifiuti domestici (Roma al massimo del suo splendore contava oltre un milione di abitanti), lo sviluppo urbano e il depauperamento delle foreste, le modifiche al paesaggio per le estrattive di materiali edilizi e metalli anche per l'attività bellica. Nonostante l'enorme sviluppo del diritto, in epoca romana vi è una scarsissima attenzione normativa alla tutela dell'ambiente, il danno all'ambiente non veniva vissuto come un problema e troviamo solamente alcune considerazioni filosofiche e poetiche, che sottolineavano alcune delle numerose pressioni ambientali tra cui ricordiamo: Plinio il Vecchio (23-79 p.C.n.) ricordato soprattutto per la Naturalis Historia, una summa del sapere dell'epoca con molti aspetti di valenza ecologica; Virgilio, con le Georgiche, un poema didascalico sull'agricoltura, invita a far rinascere i valori dell'agricoltura tradizionale praticamente scomparsi in seguito alla intensa attività bellica; Properzio nelle Laudes rileva la necessità della tutela del territorio con esaltazione delle bellezze italiche rispetto a quelle orientali; Lucio Anneo Seneca (4 a.C. - 65 d.C.), nelle Lettere a Lucilio descrive la sua partenza forzata dalla propria città che egli descrive come "… aggredita da una atmosfera nauseabonda, causata da un lato dai miasmi provenienti dalle fumiganti cucine e dall'altro dal contestuale diffondersi delle costanti esalazioni tipiche di rifiuti smaltiti senza regole"; Cornelio Tacito costituisce uno dei testimoni più significativi del problema ambientale per i Romani, descrivendo ciò che accade nel 15 a.C. sul problema delle frequenti inondazioni del Tevere e quali tipi di tutela occorresse realizzare.
Il diritto medievale
Durante il medioevo (476 d.C. - 1492 d.C.) non viene sviluppata ne una coscienza ambientale ne una programmazione dell'uso delle risorse ambientali che vengono prese in considerazione solamente strumentalmente (cave, miniere, boschi). Infatti non viene sviluppato un vero diritto all'ambiente, piuttosto le risorse venivano tutelate al fine di un migliore sfruttamento e l'uomo comincia così a tentare di risolvere i conflitti che strutturalmente ci sono tra tutela dell'ambiente e sviluppo dell'economia e si diffonde, sempre nel medioevo, un nuovo istituto: la riserva di caccia, intesa come privilegio ereditario di nobili e sovrani per l'esercizio venatorio, il quale svolgeva un importante ruolo di addestramento militare e per l'approvigionamento alimentare delle classi elevate. Si evolve in questo periodo anche il diritto forestale, di cui la Repubblica di Venezia con i suoi "boschi banditi" fornisce gli esempi più rilevanti e sviluppa una consistente legislazione demaniale e collettiva. Molte leggi furono infatti emanate dal Consiglio dei Dieci della Serenissima, allo scopo di proteggere e regolare l'uso della risorva boschiva essenziale sia come materia prima sia in relazione ad un problema di primaria importanza per Venezia, ovvero la difesa della laguna. Tra 1400 e 1500 si affermò una visione unitaria della salvaguardia del territorio, che fece dell'equilibrio tra utilizzo e tutela l'asse portante della politica forestale veneziana. I regime giuridico a cui era assoggettato il demanio pubblico naturale costituiva un importante strumento di tutela ambiental, ma le regole degli usi civici e del diritto collettivo imponevano limiti allo sfruttamento delle terre di appartenenza comune.
In Boemia nel X secolo vi è la presenza di un diritto consuetudinario che regolamenta le attività estrattive. Tale esperienza si è poi rinnovata nel 1.100 in Sassonia e nel 1.400 in Tirolo e nella Valle Aurina.
Dove c'era un sovrano assoluto si potevano creare condizioni di maggior tutela dell'ambiente (sempre come elemento di sfruttamento) rispetto alla tutela degli uomini. Nel 1066 Guglielmo il conquistatore promulga la pena di morte in caso di uccisione di cervi della foresta reale (New Forest): risutla evidente la maggiore importanza della tutela ambientale rispetto ai diritti degli abitanti. Anche se in questo caso più che una tutela dell'ambiene in senso lato l'obiettivo era preservare la risorsa di esclusiva proprietà della casa reale.
La rivoluzione industriale e la visione estetica della natura
La rivoluzione industriale cambiò radicalmente il quadro di riferimento. In un contesto sociale caratterizzato da una riduzione progressiva del proletariato rurale per effetto della crescente urbanizzazione e industrializzazione, si crearono i presupposti per una nuova immagine “disinteressata” dell’ambiente: la natura, liberata dalle sue funzioni produttive e concepita come luogo idilliaco di riposo e contemplazione, assunse un valore intrinseco, la cui salvaguardia non dipendeva più dall’azione esclusiva dei governanti, ma diventava il frutto di rivendicazioni sociali.
La nuova filosofia trovava riscontro nella duplice volontà di evasione, verso il passato e verso la natura, della cultura romantica, che ispirò nella seconda metà del secolo XIX numerosi movimenti di opinione per la tutela di siti storici e paesaggi naturali.
In questo clima culturale vanno quindi collocati i primi episodi di tutela pubblica della natura, sollecitati dagli sconvolgenti effetti sociali e ambientali provocati dalla nuova era industriale, verso la quale le opposizioni aumentavano progressivamente.
La prima area protetta di cui si ha notizia è quella dell’Arkansas, negli Stati Uniti d’America, dove nel 1832, con un atto ufficiale del Congresso, fu posto sotto tutela il territorio corrispondente alle sorgenti termali Hot Springs.
In Europa il primo intervento si ebbe in Francia, con la creazione nel 1853 di una “riserva artistica” nella foresta di Fontainebleau, per sospendere le utilizzazioni boschive che minacciavano la suggestiva selva e permettere ai pittori della Scuola di Barbizon di ritrarne gli aspetti esteticamente più rilevanti. A questa iniziativa fece seguito, nel 1870, l’istituzione della Riserva Naturale del Creux-de-Van, realizzata allo scopo esclusivo di protezione del paesaggio.
La nascita di un diritto internazionale dell'ambiente
Il diritto internazionale è un insieme di principi regole e norme che disciplinano i rapporti tra i soggetti "internazionali". Si nota infatti che in mancanza di regolamentazioni precise i poteri forti tendono a prevalere. Ad esempio in un periodo di crisi dell'ONU alcuni stati tendono a dettare le regole dei rapporti tra gli stati in funzione delle esigenze del singolo soggetto.
Ricordiamo che dopo la caduta dell'impero romano non esistevano gli stati nella nostra concezione moderna, esisteva infatti l'impero con l'imperatore e la potestà papale e non c'erano vaste autonomie. Il diritto internazionale nasce formalmente dopo la pace di Westfalia (1648) quando, dopo la guerra dei 30 anni, si formano gli stati con una loro sovranità.
Il diritto internazionale nasce quindi per risolvere problemi di vicinato tra Stati. L'espressione diritto internazionale (international law) viene coniata da Bentan nel libro sui principi morali nel XVIII secolo. Ci avviciniamo alla Rivoluzione Francese e grande importanza ha nel '700 il filosofo e scrittore politico francese Etienne-Gabriel Morelly la cui opera più conosciuta (a lungo attribuita a Denis Diderot) è il Codice della natura (Code de la nature, 1755). Partendo dal presupposto che le leggi di natura sono buone perché sono al contempo leggi di Dio e della ragione, Morelly propone di costruire un nuovo sistema sociale che non consenta all'uomo di diventare malvagio. La filosofia di Morelly, incentrata su un'ottimistica concezione della storia che affida alla ragione il compito di guidare l'umanità verso la felicità e il progresso, esercitò un profondo influsso sui maggiori esponenti dell'illuminismo, in particolare Rousseau.
Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), filosofo e scrittore svizzero di lingua francese, fu uno dei maggiori rappresentanti dell’illuminismo. Con il contratto sociale Rousseau delineò un modello di convivenza politica entro il quale l’individuo, obbedendo alla legge, non cessava però di essere libero. Ciò è possibile nella misura in cui la legge, anziché essere espressione dell’arbitrio di un sovrano assoluto, esprime piuttosto la volontà generale: obbedendo a essa, ciascun individuo obbedisce a se stesso, poiché, secondo Rousseau, nella volontà generale, che ha come suo scopo l’interesse sovraindividuale della collettività, l’io di ciascuno si identifica con l’io di tutti.
Nonostante il fiorire di opinioni filosofiche, tra 1700 e 1800 vi è una totale latitanza del diritto dell'ambiente a livello internazionale, questo perché di fatto non si sente di fatto una precisa esigenza di intervenire in tal senso. L'esigenza di sviluppare un diritto dell'ambiente internazionale matura dopo la seconda guerra mondiale, e non è un caso che le grandi sensibilità collettive di tutela dell'uomo si siano sviluppate laddove maggiori sono stati i grandi casi di danni alla collettività (tra cui ricordiamo il Grande smog di Londra (1952 ), la Petroliera Torrey Canyon (Cornovaglia, Gran Bretagna, 1967), la nube di diossina a Seveso (Italia 1976), la Union Carbide (Bophal, India, 1984) e la Esplosione della centrale nucleare di Chernobyl (Ucraina, 1986).
Negli anni 60/70 del XX secolo, quando la comunità internazionale percepisce la complessità della situazione ambientale, l'ambiente diventa fonte di ispirazione normativa a tutti gli effetti a livello internazionale. E' però opportuno evidenziare i precedenti degli anni '40 con alcune sentenze pronunciate a livello internazionale che sanciscono un obbligo di non inquinare:
- 1941 caso Trail, controversia tra Stati Uniti e Canda per una fonderia canadese che aveva provocato l'immissione di gas tossici in atmosfera che aveva procurato danni ai raccolti statunitensi. Il Canada fu condannato a rifondere i danni dal tribunale appositamente costituito.
- 1949 caso Corfù (Albania-Grecia), una serie di incidenti avvennero di fronte alle coste Albanesi dove navi militari britanniche per lo sminamento dello stretto di Corfù furono seriamente danneggiate dal'esplosione di mine navali. La Gran Bretagna richiese all'Albania il risarcimento e a seguito del diniego si appellò alla Corte di Giustizia Internazionale. La Corte stabilì che l'operazione di sminamento senza il consenso dell'Albania era illegale, ma stabilì anche che l'area minata era così vicino alla costa che l'Albania avrebbe dovuto informare la Gran Bretagna del pericolo e stabilì un risarcimento di due milioni di dollari sancendo di fatto "l'obbligo per tutti gli stati di non lasciare utilizzare il proprio territorio per atti contrari agli altri stati".
- il dovere di cooperazione tra gli Stati, senza la quale non possono essere sviluppati programmi di gestione ambientale su aspetti transfrontalieri;
- il diritto alla conoscenza e alla tutela è svincolato dal paradigma "proprietà" (ricordiamo ad esempio il diritto che un cittadino italiano ha, in un paese in cui il nucleare è vietato, di essere a conoscenza delle modalità di gestione delle centrali nucleari francesi a pochi chilometri dal confine).
I primi atti internazionali rivolti alla tutela ambientale
Uno dei primi documenti internazionali di tutela ambientale è la Dichiarazione di Stoccolma sull’Ambiente Umano, adottata il 16 giugno 1972, al termine della prima Conferenza sull’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP). Questa Dichiarazione apre la strada ad una serie di successivi interventi della Comunità Internazionale sul tema della tutela ambientale, ponendo le fondamenta della politica ambientale internazionale e dando una spinta alla definizione di politiche ambientali nazionali. Così in Europa, al Vertice di Parigi del 19-20 ottobre 1972 e nella successiva Conferenza di Bonn del 31 ottobre, i Capi di Governo dei diversi Stati membri sancirono solennemente l’impegno di dedicare “un’attenzione particolare ai valori e ai beni non materiali e alla protezione dell’ambiente naturale, onde porre il progresso al servizio dell’uomo”. Ed è infatti a partire dal 1973 che la politica ambientale entra tra le priorità della Comunità, dapprima senza un fondamento diretto, visto che il trattato di Roma non prevedeva alcun obiettivo di carattere ambientale, e poi con uno specifico riconoscimento dell’azione comunitaria in materia ambientale (Atto Unico Europeo, 1986) e infine come politica con il trattato di Maastricht, 1992. Dal 1973 la Comunità si prefigge obiettivi di tutela ambientale e determina le misure da adottare al fine di perseguirli attraverso Programmi di Azione Ambientale, con un’attenzione e un dettaglio tali nella loro definizione da rendere sempre più vincolanti queste disposizioni che erano nate invece come mero impegno politico di carattere programmatico.
Sempre negli anni Settanta si collocano altre Conferenze internazionali su temi ambientali che preoccupazione della comunità internazionale: ricordiamo la Convenzione di Helsinki del 1974 per la protezione dell’ambiente marino nel Baltico, la Convenzione di Barcellona del 1976 per la protezione del Mediterraneo, la Convenzione europea di Berna del 1979 per la conservazione delle specie di flora e fauna selvatica e del loro habitat in Europa, solo per citare le più importanti. Si moltiplicano anche le organizzazioni internazionali che perseguono fini di tutela più o meno direttamente ambientale. Accanto all’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, e all’UNECE, la Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite, ricordiamo l’OCSE, Organizzazione per la co-operazione e lo sviluppo economico, la FAO, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, l’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità. E’ interessante segnalare che già in queste sedi la VIA era presa in considerazione come strumento da implementare al fine di migliorare la considerazione delle questioni ambientali. Nel 1974 l’OCSE ha formulato una raccomandazione perché gli Stati Membri “mettano a punto procedure e metodi per prevenire ed analizzare le conseguenze nell’ambiente dei progetti pubblici e privati importanti suscettibili di avere una incidenza sensibile sulla qualità ambientale”.
L’UNEP inoltre ha posto tra le proprie priorità l’adozione della VIA per i programmi di sviluppo delle agenzie specializzate dell’ONU e la messa a punto di metodi di valutazione adatti alla realtà dei Paesi in via di sviluppo, mentre, sia l’UN-ECE che il Consiglio d’Europa hanno avviato le prime iniziative per lo studio del problema negli anni immediatamente successivi, rispettivamente con il documento ECE/ENV/35 del 19 Febbraio 1981 e con la Risoluzione No 1 della Seconda Conferenza Europea dei ministri dell’Ambiente, tenutasi a Bruxelles il 23-24 Marzo 1976.
L'uso del termine
Per molto tempo con il termine "ambiente" si è indicato il risultato di una serie di processi essenzialmente naturali, considerati all'origine di tutto ciò che è intorno all'uomo. Il termine “ambiente” deriva dal latino ambiens, participio presente del verbo ambire, che significa “circondare”. Lo stesso prefisso amb (simile al greco amphi) indica “intorno, da ambo i lati”. Praticamente identica è l'etimologia in altre lingue europee: in inglese environment deriva dal francese envìronnement vocabolo composto dal prefisso en (intorno) e dal verbo virer (girare), in tedesco Umwelt, è composto dal prefisso um che precede il sostantivo Welt (mondo), indicando "ciò che sta intorno". L'etimologia è sostanzialmente identica in lingua cinese (mandarino) dove la parola huán-jìng è la somma dei vocaboli "anello" e "confini".
Nelle diverse etimologie del termine riconosciamo quindi un significato profondamente antropocentrico, in cui l'uomo non è visto come parte integrante della biosfera, ma come entità e fattore che, pur al centro del mondo, ne risulta in realtà esterno, capace di plasmare e gestire un "ambiente" creato appositamente per le proprie necessità e in virtù delle superiori doti intellettive. Tale visione antropocentrica, già presente nel mondo greco-romano e avvalorata dal pensiero cristiano-occidentale, si è leggermente modificata nel mondo occidentale dal secondo dopoguerra, e nei paesi in via di sviluppo è in corso di profonda modifica. La crescita demografica, lo sviluppo di tecnologie a forte impatto ambientale, le maggiori conoscenze scientifiche e, nella seconda metà del Novecento, la diffusione delle opinioni di massa grazie a radio, televisione e internet, hanno determinato una maggiore consapevolezza dei rischi che l'uomo corre e una percezione meno antropocentrica dell'ambiente.
Possiamo suddividere il concetto di ambiente in tre nozioni principali:
- Nozione in senso spaziale: vano, abitazione, parte di un locale ove si vive o si svolge la propria attività;
- Nozione figurata: insieme di condizioni sociali, culturali, storiche, geografiche in cui si vive;
- Nozione scientifica: oggetto di analisi di alcune discipline e in particolare dell'ecologia.
In biologia l’ambiente indica tutto ciò che può influire direttamente sul metabolismo o il comportamento di un organismo, di una popolazione o di una specie. Più specificamente, in ecologia (un tempo branca della biologia) l'ambiente può avere diverse accezioni, può essere definito come un sistema di condizioni esterne in cui un organismo vive. L'ambiente è pertanto composto da elementi abiotici (luce, aria, acqua, suolo, ecc.) e da elementi biotici (altri esseri viventi e loro relazioni) tra i quali sussistono continui flussi di materia ed energia in un verso e nell'altro. In geologia si definisce ambiente l'insieme delle condizioni fisiche, chimiche e biologiche entro le quali un minerale o una roccia si forma. In termodinamica, l'ambiente è la parte di universo che esula dall'oggetto di studio, si riferisce quindi a qualsiasi cosa che non è parte del sistema sotto analisi, e può ricevere o fornire calore da o ad esso. In chimica e biochimica, è la natura chimica di una soluzione nella quale avviene una reazione, principalmente il suo pH (ovvero se è acida o alcalina).
In contesto non-tecnico, come in politica, si riferisce spesso all'ambiente naturale come la parte del mondo naturale che viene considerata importante o di valore dagli esseri umani, per qualsivoglia ragione. In ambito umanistico (letteratura, storia e sociologia) è l'ambito culturale in cui una persona vive o è stata educata, e le persone o istituzioni con cui essa interagisce (ambiente sociale). In architettura, ergonomia e sicurezza del lavoro è l'insieme di elementi di una stanza o edificio che influiscono sul benessere e l'efficienza dei suoi occupanti; comprese dimensioni e disposizione degli spazi abitabili e del mobilio, luce, ventilazione, temperatura, rumore, ecc. (ambiente abitativo). In informatica, significa in generale dati, processi o apparecchiature, che, anche se non esplicitamente indicate come parametri della computazione, possono comunque influire sul risultato.
Tutti questi tipi di ambiente, per il fatto di essere in relazione tra loro e con l'uomo possono essere alterati da agenti esterni. Questa alterazione è definita inquinamento e può variare secondo: natura, origine, risultato.
Oltre alle elaborazioni svolte dal mondo scientifico-naturalistico ve ne sono anche da parte del mondo giuridico (legislatori, magistrati, ecc.) e per l'analisi ambientale sono particolarmente importanti i significati dal punto di vista ecologico e giuridico. Nei prossimi paragrafi analizzeremo quindi i significati di ambiente e le difficoltà interpretative di tipo scientifico e giurico.
Nozione di ambiente in senso ecologico
Il termine ecologia (che deriva dal greco oikos=casa e logos=studio) fu coniato nel 1866 da Ernst Haeckel. La definizione originaria era: "totalità delle scienze delle relazioni dell'organismo con l'ambiente, comprese tutte le condizioni dell'esistenza nella loro accezione più ampia". Diversamente da quanto credono in molti, l'ecologia non è la scienza che si occupa della protezione della natura o dell'inquinamento, ma è lo studio interdisciplinare che, richiedendo il contributo di più discipline (geografia, botanica, zoologia, biologia, biochimica, medicina, antropologia, etc.), si occupa dei rapporti tra gli esseri viventi (uomo incluso) e l'ambiente fisico in cui vivono.
L'ecologia analizza le relazioni all'interno di diversi livelli spaziali gerarchici: la biosfera (il luogo della terra all'incirca tra i 10.000 m sopra e i 10.000 m sotto il livello della superficie in cui è possibile la vita come noi la conosciamo), i biomi (es. la tajga siberiana, il deserto, la savana, l'oceano, ecc.), gli ecosistemi, le comunità e le popolazioni.
Il termine ed il concetto di ecosistema fu elaborato nel 1935 da A.G. Tansley per definire l'insieme degli elementi viventi e non viventi che in uno stesso spazio fisico sono legati e tenuti in equilibrio da una serie di complesse relazioni di interdipendenza. In ecologia si definisce quindi ecosistema come l'insieme degli organismi viventi (comunità o biocenosi), dell'ambiente fisico circostante (habitat) e delle relazioni biotiche e chimico-fisiche all'interno di un "definito" spazio della biosfera.
L'ecosistema è in realtà un sistema aperto caratterizzato dal flusso unidirezionale dell'energia dall'esterno e dal ricircolo della materia al suo interno. L'ecosistema è infatti suddiviso in livelli trofici che dipendono gli uni dagli altri: alla base ci sono i produttori (batteri chemiosintetici, alghe, piante fotosintetiche) che utilizzano l'energia proveniente dall'esterno (es. sole o particolari condizioni chimico fisiche come quelle presenti presso i gayser o le sorgive idrotermali oceaniche) per sintetizzare molecole organiche (es. glucosio) partendo da molecone inorganiche (acqua e anidride carbonica). I consumatori primari (es. erbivori terrestri o bivalvi marini) utilizzano i produttori primari (es. piante o alghe), i consumatori secondari (carnivori) utilizzano i primari e alla morte di tutti questi la materia organica di cui sono costituiti viene demolita dai decompositori (insetti e batteri) liberando molecole inorganiche che rientrano in circolo a livello dei produttori primari.
Tenendo presente questo, risulta evidente che la definizione spaziale di un ecosistema è arbitraria: ne la terra ne l'intestino di un dromedario sono sistemi chiusi dato che ricevono energia (luce solare o bolo alimentare) e liberano energia (albedo o feci). Per questo possono essere considerati ecosistemi sia il deserto sia l'oasi al suo interno sia l'intestino del dromedario che si sta abbeverando. La delimitazione spaziale di un ecosistema è spesso collegata alla necessità descrittiva dello stesso o dalla necessità di limitare l'ambito della analisi in atto sul dato sistema da parte di un ricercatore: un limnologo per studiare un ecosistema lago dovrebbe come minimo allargare i confini di studio al bacino imbrifero. A seconda della condizione dell'ecosistema possiamo dare ulteriori sottodefinizioni:
- Ecosistema naturale dove la presenza umana è assente o irrilevante rispetto a quella delle altre specie (es. deserti, calotte glaciali o polari, tajga siberiana, ecc.);
- Ecosistema modificato in cui si rileva la presenza di interventi umani, tale presenza non è irrilevamente, ma non ha modificato gli equilibri iniziali (es. villaggi con agricoltura di sussistenza nelle savane africane, nelle steppe centroasiatiche e nelle foreste tropicali sudamericane);
- Ecosistema coltivato, fortemente caratterizzato dalla presenza umana, ma dotato di un certo grado di naturalità (es. coltivazioni collinari, parchi urbani, ambiti sciistici montani, ecc.);
- Ecosistema costruito, dove la presenza umana è strutturante (es. ambiti urbani o periurbani);
- Ecosistema degradato, sistema decaduto dalla condizione di equilibrio ecologico e in cui la stessa spravvivenza umana è a rischio.
La definizione di ecosistema, ambiente e habitat
Secondo alcuni la differenza tra ecosistema e ambiente è nelle dimensioni dello spazio che contiene gli elementi caratterizzanti, ovvero un ambiente includerebbe in sé centinaia di ecosistemi. In realtà avendo il termine "ambiente" diverse accezioni, dal punto di vista prettamente scientifico in ecologia generale non viene utilizzato, e si preferisce utilizzare i termini "comunità" per la componente biotica, "habitat" per la componente abiotica ed "ecosistema" nella definizione precedentemente data.
Prima di analizzare il termine ambiente dal punto di vista giuridico, ricordiamo che il concetto di habitat come definito dalla Direttiva 92/43/CEE "Habitat" è diverso dalla originaria definizione ecologica del termine. Infatti l'art. 3, comma 1, definisce gli habitat naturali "le zone terrestri o acquatiche che si distinguono in base alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali" e l'habitat di una specie come "ambiente definito da fattori abiotici e biotici specifici in cui vive la specie in una delle fasi del suo ciclo biologico". Analizzando gli allegati della direttiva stessa risulta evidente che le modalità per definire un "habitat" sono principalmente legati alle metodiche della fitosociologia. Si può concludere sostenendo che nella Direttiva comunitaria l'habitat è sinonimo di un'area geografica (denominata Sito di Interesse Comunitario), individuabile tramite opportune carte di riferimento, in cui vivono determinate comunità o specie oggetto di tutela.
Le fonti normative comunitarie di diritto ambientale
Nel settore ambientale l’Unione Europea ha già prodotto due generazioni di normative con parziali cambiamenti di rotta. Questo ha indotto il nostro legislatore a rivedere in modo sostanziale ambiti normativi già molto complessi.
Nel testo della Costituzione europea il richiamo all’ambiente è più esplicito rispetto alla nostra Costituzione e sancisce gli impegni dell’Unione in merito alla sua Politica Ambientale. L’art. III-233 indica i principi cardine della Politica ambientale che “mira ad un elevato livello di tutela, tenendo conto delle diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione”.
L’importanza di prevedere un impegno ambientale nella fonte più importante di un ordinamento giuridico è segnale di integrazione della politica ambientale nelle altre politiche comunitarie.
La politica ambientale dell’Unione è dunque basata oltre che sul principio fondamentale di tutela sui principi dell’azione preventiva, del principio di precauzione e correzione alla fonte, del principio del “chi inquina paga” e del principio dello sviluppo sostenibile.
La Costituzione italiana e le leggi costituzionali
La Costituzione italiana, a differenza di altre Costituzioni di Stati europei, non cita direttamente l’ambiente. Ad individuare l’ispirazione costituzionale di tutela dell’ambiente è sempre la Corte Costituzionale che, con la stessa sentenza n. 641 del 1987, afferma che “nel nostro ordinamento giuridico la protezione dell’ambiente è imposta da precetti costituzionali (art. 9 e 32 Cost) e assurge a valore primario ed assoluto”. I riferimenti all’ambiente presenti nel Testo Costituzionale sono:
- art. 9 della costituzione “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”; come visto prima, fino agli anni 70/80 il paesaggio era considerato come una percezione di bellezza esteriore, ma è stato poi considerato anche a livello storico e culturale come testimonianza della presenza dell’uomo. Il passaggio dalla visione statica a quella dinamica risale agli anni ’80, la Legge Galasso 431/1985 che assieme alla circolare del 31 agosto 1985 formalizzava il concetto di “paesaggio come patrimonio paesistico e ambientale il quale comprende in se tutti quagli elementi, terreno, strade, tipo e ubicazione dei fabbricati, che concorrono a dare ad ogni località caratteristiche peculiari, a le testimonianze della presenza dell’uomo su territorio nei segni della sua complessa e multiforme vicenda storica”. E’ qui che inizia ad amalgamarsi il concetto di paesaggio con il concetto di ambiente, o meglio in Italia si sviluppa il concetto di ambiente dal concetto di paesaggio. Tale maturazione non è stata necessaria nei paesi anglosassoni dove non esiste il concetto di paesaggio (che ha una radice antropocentrica in paese) in quanto è già presente il concetto di landscape la cui radice è basata sulla terra (land). Ancora oggi la Landscape Ecology viene impropriamente in Italia tradotta come Ecologia del Paesaggio.
- art. 32 della costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti … Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in alcun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Di fatto la persona umana al centro di principi quasi sacri e fortissimi che hanno permesso la promulgazione di norme a tutela del cittadino e del lavoro.
- art. 41 della costituzione “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana …” La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali”
- art. 42 della costituzione “La proprietà è pubblica o privata … La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti …” La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale.
- art. 43 della costituzione “Ai fini di utilità generale, la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.
- art. 44 della costituzione “Al fine d conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera, privata, fissa limiti alla sua estensione … secondo le regioni e le zone agrarie promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostruzione delle unità produttive; … aiuta la piccola e media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”.
- art. 117 della costituzione (modificato dalla L. cost. 18 ottobre 2001). Originaria formulazione: non nomina l’ambiente e riguarda le competenze legislative regionali, parla di urbanistica, cave e torbiere, pesca, foreste, porti lacuali … mai inserite in un contesto ambientale. Attuale formulazione (art. 3, lett. g): potestà legislativa esclusiva dello stato è la tutela dell’ambiente dell’ecosistema e dei beni culturali; Potestà legislativa concorrente” delle Regioni sono la tutela e sicurezza del lavoro, alimentazione, governo del territorio, protezione civile …”. Questo determina un concetto di “ambiente presupposto” che viene lasciato alla dottrina, alla giurisprudenza, il che comporta a contrasti interpretativi che hanno necessitato diverse volte l’intervento della Corte Costituzionale. Es. il caso delle industrie a rischio di incidente rilevante, che ha creato conflitti tra Stato e Regioni. Tali conflitti sono stati risolti dalla Corte costituzionale, ma danno il segno della mancanza di una potestà legislativa chiara in materia ambientale. Dal 2003 è in corso una nuova riforma costituzionale che riguarda la competenza esclusiva attribuita alle regioni, la quale non riguarda materie ambientali e la competenza esclusiva per tutela della salute, sicurezza, alimenti, rimane allo Stato.
Fonti di diritto ordinario
Elaborazione dottrinaria
Secondo l'elaborazione dottrinaria sviluppata in Italia negli anni '70 dal Prof. Massimo Severo Giannini, il rapporto uomo-ambiente è un rapporto di mutua aggressione. Ovvero quando l'ambiente viene aggredito (es. carico di inquinanti) esso restituisce l'aggressione e il risultato è uno sbilanciamento del rapporto verso una condizione ancor più pericolosa per l'uomo stesso. Una impostazione del Prof. Giannini fu anche quella di individuare il paesaggio assieme a quelle risorse che riguardano direttamente l'uomo e questo anticipa alcune norme come ad es. la legge Galasso.
Sempre dal punto di vista dottrinario, negli anni che seguono il boom economico si comincia a parlare di ambiente in 3 gruppi distinti istituti giuridici:
- le tutele del paesaggio che si sviluppano già dagli anni '30;
- la salute umana (art. 32 della costituzione);
- il territorio.
Elaborazione legislativa e giurisprudenziale
Le elaborazione secondo altre Istituzioni Internazionali sono indietro rispetto all'UE. Il primo documento con il quale è stata formulata a livello internazionale la nozione di ambiente è il testo elaborato da un Comitato di esperti incaricati dalla 15° conferenza dei Ministri di Giustizia del Consiglio d'Europa ad Oslo (17-19/06/1986), in materia di responsabilità per danni da attività pericolose. In tale contesto fu elaborata per la prima volta una definizione giuridica di ambiente, costituito dalle seguenti componenti:
- le risorse naturali biotiche ed abiotiche;
- l'interazione tra le citate componenti, il paesaggio e il patrimonio culturale.
In un unico atto della UE (allegato VI della Direttiva 98/8/CE del 16 febbraio 1998 e relativa all'impiego di sostanze pericolose) viene proposta la nozione di ambiente: "per ambiente deve intendersi: acqua, compresi i sedimenti, aria, terra, specie della fauna e flora selvatiche e relative interrelazione, nonché le relazioni tra tali elementi e gli organismi viventi". Questa è una definizione ancora oggi parziale perché: non comprende aspetti fondamentali quali l'uso del territorio, l'aggressione al paesaggio, la violazione al bene storico-artistico, le diverse forme di inquinamento, le varie aggressioni alla salute dell'uomo.
Al momento della nascita della Costituzione della Repubblica (1948) non vi era una definizione di ambiente e tale vuoto normativo è rimasto, probabilmente volontariamente, fino ad oggi. Dal punto di vista giurisprudenziale, i primi accenni all'ambiente in Italia sono legati ad una visione estetica e statica del paesaggio come bellezza naturale percepita dall’esterno. Infatti al momento della Costituente erano già in vigore due norme per molti versi ancora attuali: la Legge 1089/1939 sui Beni Culturali e la Legge 1497/1939 sulle Bellezze Naturali. L’art. 9 della costituzione italiana parla esplicitamente di paesaggio quando sostiene che "La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione" e proprio tale articolo è stato a lungo l'unico riferimento costituzionale in materia di ambiente.
Dagli anni '70 e '80 si sviluppa una giurisprudenza consolidata e l'ambiente viene visto come valore e come insieme. La Cassazione definisce che l'ambiente deve essere tutelato in quanto tale (valore). Ad esempio si parla di servizio pubblico di depurazione. Al tempo stesso l'art. 734 del codice penale dice che "Chiunque in qualsiasi modo distrugge o altera bellezze naturali è punito ...". Risulta evidente che si è passati da una visione estetica e statica del paesaggio come bellezza naturale percepita dall'esterno ad una definizione più ampia del concetto di ambiente come un soggetto avente proprietà emergenti che sono al di sopra delle sue componenti essenziali ed intrinseche (suolo, aria, flora, fauna, ecc.) e che quindi deve essere intenso nel suo insieme, nella sua totalità.
Dal concetto di ambiente come soggetto si passa al rapporto di questo con l'uomo. La Suprema corte di Cassazione in una sentenza (Cass. S.U. 6 ottobre 1979 n. 5172) stabilisce che l’ambiente è un fenomeno unitario e che, come un diritto della personalità, costituisce un diritto fondamentale dell’uomo.
Secondo la Corte Costituzionale (sentenza n. 641 del 1987), “l’ambiente non è passibile di una situazione soggettiva di tipo appropriativo appartenendo alla categoria dei beni liberi, fruibili dalla collettività e non dai singoli". Tuttavia l’”ambiente salubre”, inteso in una concezione sanitaria di ambiente giuridicamente apprezzabile e rilevante (art. 32 Cost.) può essere collegato ai diritti della persona, che comprendono anche l’integrità fisica e psichica e la salvaguardia della qualità della vita.
Secondo la Cassazione Civile 4362/1992 "L'ambiente in senso giuridico costituisce un'insieme che pur comprendendo diverse componenti si distingue ontologicamente da questi e si identifica in una realtà priva di consistenza materiale, ma espressiva di un autonomo valore collettivo".
La Corte di Cassazione (Cass. Pen., sez. III, 28 ottobre 1993, n. 9727, Benericetti) si è impegnata a dare una definizione di ambiente affermando che per “ambiente deve intendersi il contesto delle risorse naturali e delle stesse opere più significative dell’uomo protette dall’ordinamento … l’ambiente è una nozione, oltreché unitaria, anche generale, comprensiva delle risorse naturali e culturali, veicolata nell’ordinamento italiano da diritto comunitario”.
Ricordiamo che con la riforma del titolo V della Costituzione (2), che ha attribuito allo Stato la competenza legislativa esclusiva in tema di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» (art. 117, co. 2 lett. s) l’ambiente ha una propria rilevanza costituzionale.
Passando dalla giurisprudenza all'ambito legislativo, ricordiamo che le prime norme in materia ambientale del nostro ordinamento sono state fonti di diritto ordinario, mentre negli ultimi decenni la normativa ordinaria italiana per la tutela dell’ambiente si è notevolmente sviluppata per il recepimento delle direttive europee. Tra le prime leggi in materia ambientale si possono citare:
- Legge n. 1089 del 1939 in materia di “tutela dei beni culturali”;
- Legge n. 1497 del 1939 in materia di “Bellezze naturali a tutela del paesaggio”;
- DPR n. 185 del 13 febbraio 1964 “Sicurezza degli impianti e la protezione sanitaria dei lavoratori e delle popolazioni contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti derivanti dall’impiego pacifico dell’energia nucleare”.
- Legge 979/1982 “Disposizioni per la difesa del mare”
- Legge 394/1991 “Legge quadro sulle aree protette”
- D. Lgs. n. 39 del 24 febbraio 1997 che imposta un vero cambiamento culturale nella comunicazione ambientale. Il Decreto prevede infatti il libero accesso alle informazioni relative all’ambiente in possesso delle Autorità Pubbliche, nonché la diffusione delle stesse; in base a questo decreto le autorità pubbliche sono tenute rendere disponibili queste informazioni a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dimostrare il proprio interesse.
- Il D. Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale” emanato e rivisto più volte con lo scopo di semplificare e ridurre la normativa ambientale esistente;
Nella "Legge quadro sulle aree protette" (Legge 394/1991) si enucleano i principi fondamentali del nostro sistema giuridico ambientale. Si fa esplicito riferimento a: a) norme costituzionali (art. 9 sulle bellezze paesaggistiche e art. 32 sulla salute umana), b) riferimenti scientifici (scienza, patrimonio naturale), d) politiche ambientali (tutela, valorizzazione e conservazione del territorio), e) riferimenti giurisprudenziali (in particolare agli interventi della Corte Costituzionale quando invita ad una leale cooperazione tra Enti (Regione, Provincia, ecc.), f) carta della natura (adottata da una comitato su proposta del Ministro dell'ambiente che ha la finalità di evidenziare lo stato dell'ambiente, i punti migliori e i vulnerabili).
Il Decreto 152/2006 non fornisce una esplicita definizione di ambiente, e fino alla revisione prevista dal D.lgs. 104/2017 poteva essere desunta dalla definizione di "impatto ambientale". All'art. 5, comma 1, lettera c, il decreto definiva l'impatto ambientale come "l’alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti". Era evidente, nel passaggio "inteso come", la implicita definizione del termine all'interno di una più ampia definizione del concetto di impatto ambientale.
Con la revisione prevista dal D.lgs. 104/2017 l'art. 5, comma 1 lettera c viene sostituito dal seguente: c) impatti ambientali: effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un programma o di un progetto, sui seguenti fattori: popolazione e salute umana; biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE; territorio, suolo, acqua, aria e clima; beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio; interazione tra i fattori sopra elencati.
Risulta evidente a questo punto che sia il legislatore comunitario sia quello nazionale non hanno ritenuto di affrontare la questione definitoria, puntando l’attenzione sull’individuazione dei principi per la tutela effettiva dell’ambiente; tutela volta alla prevenzione prima che alla riparazione del danno ambientale. L’omissione costituisce la conferma della fondatezza della tesi sostenuta in un noto saggio da Massimo Severo Giannini secondo il quale «in realtà nel linguaggio normativo l’ambiente, per quanto di continuo evocato, non è definito né definibile, non ne sono precisate le condizioni d’uso, né è riducibile in enunciati prescrittivi» (3).
Alla luce di questa illuminata affermazione appare scontato l’esito del dibattito che ha condotto alla constatazione della irresolubilità del problema: non si sfugge infatti dall’alternativa tra definizioni che, seppur complete, risultano talmente ampie da rendere evanescente ogni tutela apprestata all’ambiente e definizioni più circoscritte, ma inevitabilmente parziali e descrittive di una pluralità di settori che trascurano altri ambiti di interesse e le conseguenti correlazioni (4).
Probabilmente, l'ambiente rimarrà quindi giuridicamente indefinito.
1) Deshkar S.M. 2010. Kautilya Arthashastra and its relevance to Urban Planning Studies. Institute of Town Planners, India Journal 7 - 1, 87 - 95, January - March 2010. http://www.itpi.org.in/uploads/journalfiles/jan8_10.pdf
2) Legge cost. 18-10-2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, in G.U. del 24 ottobre 2001, n. 248.
3) Giannini M.S. , Ambiente: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 15.
4) Morbidell G.i, Il regime amministrativo speciale dell’ambiente, in Studi in onore di Alberto Predieri, Milano, 1996, 1122.