Le fonti di energia
di Gian Andrea Pagnoni
tratto da The Renaissance of Renewables di Gian Andrea Pagnoni and Stephen Roche, Cambridge University Press, 2016
ultima modifica 21/03/2016
tratto da The Renaissance of Renewables di Gian Andrea Pagnoni and Stephen Roche, Cambridge University Press, 2016
ultima modifica 21/03/2016
L'energia è alla base dello sviluppo della civiltà umana e non a caso tutti noi conosciamo qualcuno che lavora nel settore energetico. Ad esempio un impiegato in una ditta di fornitura di gas o elettricità, un idraulico per l'installazione di un impianto di riscaldamento, un ingegnere per lo sviluppo di impianti eolici, o un geologo impegnato nella ricerca e sfruttamento di giacimenti di combustibili fossili.
Definire correttamente una fonte di energia è più complesso di quanto si pensi, infatti può essere una sostanza (come il petrolio) o una forma di energia (come il vento). Le fonti energetiche sono l'insieme delle sostanze e delle forme di energia, le cui conversioni sono utilizzate per produrre una forma di energia finale utile all'uomo.
I flussi energetici sono da decenni oggetto di approfondite analisi statistiche, ma non sempre è semplice attribuire un determinato fenomeno ad un determinato tipo di energia. Ad esempio l'energia eolica o quella idraulica, non sono di per se forme di energia come il calore o l'elettricità, ma sistemi di conversione dell'energia cinetica del vento o dell'acqua in energia elettrica. Infatti il vento e l'acqua non sono forme, ma fonti di energia come i combustibili fossili o l'uranio.
Ciononostante, per la classificazione a fini statistici la IEA (International Energy Agency) suggerisce di includere nel più ampio termine “energia” sia le sue forme (es. termica, meccanica, elettrica, ecc.), sia le fonti (es. petrolio, uranio, vento, biomassa, ecc.).
Nella classificazione delle fonti energetiche una prima suddivisione è in rinnovabili, fossili e nucleare, che analizziamo di seguito in dettaglio.
Le fonti rinnovabili, sostenibili e alternative
La risorse energetiche del mondo ha come fonte primigenia i raggi solari che colpiscono la superficie terrestre e, nelle ere geologiche, quell'energia si è conservata sotto forma di energia fossile (carbone, gas, petrolio) oppure come energia direttamente impiegabile (ad es. i venti si formano in seguito a complessi fenomeni di riscaldamento nelle zone soleggiate e di convezione nelle zone fredde, il tutto abbinato alla rotazione terrestre). Anche l'energia idroelettrica deriva dalla maggiore o minore disponibilità di calore che provoca evaporazione e condensazione dell'acqua. Può essere considerata una eccezione l'energia nucleare che si basa sulla presenza e lo sfruttamento di elementi radioattivi già presenti nella crosta terrestre al momento della sua formazione circa 4 miliardi di anni fa.
Non esiste una definizione univoca dell'insieme delle fonti rinnovabili e la classificazione delle fonti energetiche rinnovabili risente di molti fattori, non necessariamente scientifici. Talvolta sono erroneamente usati come sinonimi le locuzioni di fonti rinnovabili, sostenibili e alternative.
Se guardiamo in senso lato alle fonti fossili è indubbio che anche queste siano dotate di rinnovabilità, perché si formano in continuazione all'interno della crosta terrestre, ma il tasso di produzione è alla scala dei milioni di anni e quindi decisamente inferiore rispetto ai tassi di consumo necessari per le attuali richieste energetiche di sviluppo. Il sole stesso tra 5 miliardi di anni terminerà il combustibile nucleare, si trasformerà prima in una gigante rossa e poi si raffredderà al punto da non emettere più radiazioni. Sotto questo punto di vista nemmeno il sole è una fonte rinnovabile. La possibilità di estrarre combustibili fossili dipende da capacità tecnologiche, congiunture economiche e politiche, ma le quantità estraibili in un determinato momento non dipende dallo sfruttamento negli anni precedenti, in quanto dipende dalla dimensione del giacimento. Meno un pozzo di idrocarburi sarà utilizzato e più a lungo potrà produrre, diversamente, una foresta potrà produrre per tempi geologici se la gestione antropica sarà in linea con le potenzialità produttive dell'ecosistema o se non interverranno catastrofi naturali quali uragani, incendi o modifiche climatiche. Risulta quindi chiaro che nelle definizioni di fonti energetiche va inserito il concetto di tempo relativo e Sorensen (2000, p3) definisce le fonti rinnovabili come “quelle che vengono rimpiazzate allo stesso tasso con cui vengono consumate”.
Il termine energia sostenibile pone l'accento sugli effetti ambientali della produzione di energia, piuttosto che sulle fonti da cui viene ottenuta, e quindi non è sinonimo di energia rinnovabile. Dato che negli ultimi anni la produzione di energia da fonti rinnovabili si interseca con il problema del riscaldamento globale e delle emissioni di gas serra nel linguaggio comune si utilizzano definizioni di energie rinnovabili che tendono a comprendere anche il concetto di sostenibilità e di rispetto delle generazioni future. Non a caso Wikipedia, la migliore fonte per verificare le definizioni più popolari, definisce le «energie rinnovabili quelle forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono "esauribili" nella scala dei tempi "umani" e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future.».
Le energie sostenibili sono prodotte ed utilizzate secondo i principi dello sviluppo sostenibile e comprendono non solo le fonti energetiche, ma anche aspetti collaterali quali l'efficienza energetica e l'uso della stessa. Ad esempio i biocarburanti sono certamente fonti rinnovabili, ma a seconda della pratica utilizzata per produrli possono essere decisamente non sostenibili.
In alcuni ambiti sono erroneamente considerate fonti rinnovabili anche il “risparmio energetico” e la “efficienza energetica”. In realtà queste non sono fonti, ma modi di operare che rientrano nell'ambito dell'utilizzo razionale dell'energia e non della produzione, e sono più correttamente inquadrabili nella più ampia categoria delle politiche e dei comportamenti sostenibili.
Il termine fonti alternative può essere fuorviante perché viene generalmente riferito a ciò che non è fonte fossile, ovvero rinnovabili e nucleare. Il termine in realtà si diffonde negli anni '70 durante le crisi petrolifere, periodo in cui il timore dei paesi importatori di petrolio sulla indipendenza energetica fece ricercare una serie di fonti alternative al petrolio per garantirsi una maggiore stabilità di sviluppo economico. Secondo questa accezione furono fonti alternative il nucleare, le rinnovabili, ma anche il gas naturale e, sotto il punto di vista della ricerca della indipendenza e della diversificazione energetica, anche il ritorno al carbone.
Infine possiamo dire che qualunque tipo di energia è una forma di energia solare e suddividiamo ulteriormente le rinnovabili definite precedentemente in tre categorie:
Le bioenergie hanno però un posto variabile a seconda delle statistiche. La IEA, nelle analisi delle fonti energetiche primarie suddivide le rinnovabili in idroelettrico, biomasse e “altre rinnovabili”. Le biomasse sono presenti come voce a se stante perché, sebbene nei paesi industrializzati rappresentino una percentuale bassa della energia primaria, non è così per molti paesi in via di sviluppo, in cui l'economia di sussistenza o rurale prevede un elevato uso della biomasse solida per la produzione di calore. Nelle statistiche IEA quindi, per “altre rinnovabili” si intendono quelle che, indipendentemente dalla notevole crescita che hanno avuto negli ultimi anni, rappresentano ancora una quota poco significativa nella produzione primaria globale di energia, e sono: vento, sole, geotermia, maree e onde.
Le rinnovabili nella normativa italiana
Prima del 2003, ai sensi del DLgs 79/1999 erano considerate fonti rinnovabili “il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici”. Oggi, a seguito del recepimento Direttiva 2001/77/CE, il DLgs 387/2003 ha stabilito che per fonti rinnovabili debbano intendersi esclusivamente le seguenti forme di energia: “eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, mareomotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas. In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”. Si nota quindi che, nella nuova definizione adottata, scompaiono i “rifiuti inorganici” oggetto di grandi discussioni e polemiche soprattutto in conseguenza del fatto che una parte degli incentivi disponibili per le rinnovabili venivano indirizzati alla filiera della gestione dei rifiuti.
La Direttiva 2009/28/CE “sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, modifica e abroga le direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”. Nell'art. 2 si definisce: ”Energia da fonti rinnovabili: energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas. Biomassa: la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.” (ENEA 2010a, GSE 2010b).
Dal punto di vista produttivo, però, non tutte le fonti hanno la stessa qualità, nel senso che la richiesta di energia ha un andamento quotidiano e stagionale prevedibile: di notte infatti i consumi diminuiscono e lo stesso fanno i prezzi dell'energia. La prevedibilità produttiva è oggetto di una definizione normativa dato che, nell'ambito della produzione di energia elettrica l'art. 2 del DLgs 387/2003 suddivide gli impianti in:
Le fonti fossili
Si definiscono fossili quei combustibili derivanti dall'accumulo nella crosta terrestre di sostanza di origine vegetale o animale e successiva trasformazione in tempi geologici in sostanze più stabili e ricche di carbonio. Essi sono il petrolio, il carbone e il gas naturale.
Il petrolio
Il petrolio, detto anche greggio o oro nero, è un liquido infiammabile, denso, di colore variabile (nero, marrone scuro, verdognolo e giallo), che si trova in alcuni giacimenti entro gli strati superiori della crosta terrestre. È costituito da una miscela molto variabile di idrocarburi, ovvero molecole organiche costituite da una impalcatura di atomi di carbonio a cui sono legati atomi di idrogeno. La maggior parte degli scienziati sostiene l'origine biotica del petrolio, in particolare in seguito all'accumulo alghe marine unicellulari. Generalmente un tipico giacimento è formato da uno strato di rocce madri (dove si è formato il petrolio), uno strato di rocce porose in cui gli idrocarburi sono migrati (rocce serbatoio) e uno strato di rocce impermeabili soprastanti che impediscono la risalita del materiale fino alla superficie (rocce trappola). Nel corso dei milioni di anni le sostanze organiche presenti negli organismi sprofondano assieme ai sedimenti in cui si trovano e a seguito di mancanza di ossigeno, aumento di pressione e temperatura vanno incontro a modifiche chimiche (maturazione) grazie alle quali si verifica una progressiva di carbonio e idrogeno in catene idrocarburiche.
I vantaggi del petrolio sono legati all'alta densità energetica, alla relativa semplicità di trasporto e all'attuale ampia disponibilità. Il petrolio viene inoltre utilizzato anche per fini non energetici quali la produzione di materie plastiche e altre sostanze di largo uso come paraffina, vaselina, asfalto, ecc. I principali svantaggi derivanti dalla combustione del petrolio sono l'immissione in atmosfera di CO2 e CO, di inquinanti a base di ossidi di zolfo (SO2) e ossidi di azoto (NOX).
Importanti possono essere per il futuro le risorse di petrolio non convenzionale, quali ad esempio le sabbie bituminose canadesi, i greggi ultra-pesanti venezuelani e russi, e il shale oil ovvero gli accumuli di petrolio in rocce poco porose e quindi di difficile estrazione. Queste riserve sono nel complesso più estese delle riserve di idrocarburi convenzionali, ma le tecnologie oggi disponibili rendono economica la loro estrazione solo se il prezzo del greggio supera i 70 dollari al barile.
Il 60% delle riserve convenzionali di petrolio sono nel Medio Oriente (in particolare Arabia Saudita, Iran e Iraq). Dal punto di vista socio-politico va rilevato che circa il 60 % delle risorse mondiali è concentrato nel Golfo Persico, tale disomogenea distribuzione dei giacimenti determina tensioni politiche e rende questa fonte una delle principali cause di tensioni sociali internazionali.
Agli attuali consumi vi è una previsione di produzione di petrolio convenzionale per altri 40 anni (BP 2009). Le previsioni al 2030 vedono un incremento medio annuo dello 0,9% nella produzione primaria di energia, un tasso inferiore a tutte le altre fonti, che lo porterà dall'attuale 34% al 30% nel mix energetico, mantenendo comunque la posizione di fonte principale (IEA 2009d p74).
Definire correttamente una fonte di energia è più complesso di quanto si pensi, infatti può essere una sostanza (come il petrolio) o una forma di energia (come il vento). Le fonti energetiche sono l'insieme delle sostanze e delle forme di energia, le cui conversioni sono utilizzate per produrre una forma di energia finale utile all'uomo.
I flussi energetici sono da decenni oggetto di approfondite analisi statistiche, ma non sempre è semplice attribuire un determinato fenomeno ad un determinato tipo di energia. Ad esempio l'energia eolica o quella idraulica, non sono di per se forme di energia come il calore o l'elettricità, ma sistemi di conversione dell'energia cinetica del vento o dell'acqua in energia elettrica. Infatti il vento e l'acqua non sono forme, ma fonti di energia come i combustibili fossili o l'uranio.
Ciononostante, per la classificazione a fini statistici la IEA (International Energy Agency) suggerisce di includere nel più ampio termine “energia” sia le sue forme (es. termica, meccanica, elettrica, ecc.), sia le fonti (es. petrolio, uranio, vento, biomassa, ecc.).
Nella classificazione delle fonti energetiche una prima suddivisione è in rinnovabili, fossili e nucleare, che analizziamo di seguito in dettaglio.
Le fonti rinnovabili, sostenibili e alternative
La risorse energetiche del mondo ha come fonte primigenia i raggi solari che colpiscono la superficie terrestre e, nelle ere geologiche, quell'energia si è conservata sotto forma di energia fossile (carbone, gas, petrolio) oppure come energia direttamente impiegabile (ad es. i venti si formano in seguito a complessi fenomeni di riscaldamento nelle zone soleggiate e di convezione nelle zone fredde, il tutto abbinato alla rotazione terrestre). Anche l'energia idroelettrica deriva dalla maggiore o minore disponibilità di calore che provoca evaporazione e condensazione dell'acqua. Può essere considerata una eccezione l'energia nucleare che si basa sulla presenza e lo sfruttamento di elementi radioattivi già presenti nella crosta terrestre al momento della sua formazione circa 4 miliardi di anni fa.
Non esiste una definizione univoca dell'insieme delle fonti rinnovabili e la classificazione delle fonti energetiche rinnovabili risente di molti fattori, non necessariamente scientifici. Talvolta sono erroneamente usati come sinonimi le locuzioni di fonti rinnovabili, sostenibili e alternative.
Se guardiamo in senso lato alle fonti fossili è indubbio che anche queste siano dotate di rinnovabilità, perché si formano in continuazione all'interno della crosta terrestre, ma il tasso di produzione è alla scala dei milioni di anni e quindi decisamente inferiore rispetto ai tassi di consumo necessari per le attuali richieste energetiche di sviluppo. Il sole stesso tra 5 miliardi di anni terminerà il combustibile nucleare, si trasformerà prima in una gigante rossa e poi si raffredderà al punto da non emettere più radiazioni. Sotto questo punto di vista nemmeno il sole è una fonte rinnovabile. La possibilità di estrarre combustibili fossili dipende da capacità tecnologiche, congiunture economiche e politiche, ma le quantità estraibili in un determinato momento non dipende dallo sfruttamento negli anni precedenti, in quanto dipende dalla dimensione del giacimento. Meno un pozzo di idrocarburi sarà utilizzato e più a lungo potrà produrre, diversamente, una foresta potrà produrre per tempi geologici se la gestione antropica sarà in linea con le potenzialità produttive dell'ecosistema o se non interverranno catastrofi naturali quali uragani, incendi o modifiche climatiche. Risulta quindi chiaro che nelle definizioni di fonti energetiche va inserito il concetto di tempo relativo e Sorensen (2000, p3) definisce le fonti rinnovabili come “quelle che vengono rimpiazzate allo stesso tasso con cui vengono consumate”.
Il termine energia sostenibile pone l'accento sugli effetti ambientali della produzione di energia, piuttosto che sulle fonti da cui viene ottenuta, e quindi non è sinonimo di energia rinnovabile. Dato che negli ultimi anni la produzione di energia da fonti rinnovabili si interseca con il problema del riscaldamento globale e delle emissioni di gas serra nel linguaggio comune si utilizzano definizioni di energie rinnovabili che tendono a comprendere anche il concetto di sostenibilità e di rispetto delle generazioni future. Non a caso Wikipedia, la migliore fonte per verificare le definizioni più popolari, definisce le «energie rinnovabili quelle forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono "esauribili" nella scala dei tempi "umani" e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future.».
Le energie sostenibili sono prodotte ed utilizzate secondo i principi dello sviluppo sostenibile e comprendono non solo le fonti energetiche, ma anche aspetti collaterali quali l'efficienza energetica e l'uso della stessa. Ad esempio i biocarburanti sono certamente fonti rinnovabili, ma a seconda della pratica utilizzata per produrli possono essere decisamente non sostenibili.
In alcuni ambiti sono erroneamente considerate fonti rinnovabili anche il “risparmio energetico” e la “efficienza energetica”. In realtà queste non sono fonti, ma modi di operare che rientrano nell'ambito dell'utilizzo razionale dell'energia e non della produzione, e sono più correttamente inquadrabili nella più ampia categoria delle politiche e dei comportamenti sostenibili.
Il termine fonti alternative può essere fuorviante perché viene generalmente riferito a ciò che non è fonte fossile, ovvero rinnovabili e nucleare. Il termine in realtà si diffonde negli anni '70 durante le crisi petrolifere, periodo in cui il timore dei paesi importatori di petrolio sulla indipendenza energetica fece ricercare una serie di fonti alternative al petrolio per garantirsi una maggiore stabilità di sviluppo economico. Secondo questa accezione furono fonti alternative il nucleare, le rinnovabili, ma anche il gas naturale e, sotto il punto di vista della ricerca della indipendenza e della diversificazione energetica, anche il ritorno al carbone.
Infine possiamo dire che qualunque tipo di energia è una forma di energia solare e suddividiamo ulteriormente le rinnovabili definite precedentemente in tre categorie:
- Energia solare diretta. Quella che converte la radiazione elettromagnetica solare in energia utile utilizzando varie tecnologie come il fotovoltaico, il solare termico e termodinamico;
- Energia solare indiretta. Dato che la radiazione solare può essere assorbita dalle masse d'aria e di acqua determinando enormi spostamenti (piogge e vento) le energie idraulica, eolica e delle onde sono forme indirette di energia solare; inoltre le stesse bioenergie (biomasse, biogas e biocombustibili) sono una manifestazione indiretta dell'energia solare, dato che derivano dalla trasformazione fotosintetica dell'energia solare in energia chimica sotto forma di grandi molecole organiche (legno o biocombustibili).
- Rinnovabili non solari, sono quelle che non dipendono direttamente ne indirettamente dal sole e sono l'energia mareomotrice (che dipende principalmente dall'attrazione gravitazionale della luna) e l'energia geotermica, funzione delle elevate temperature presenti nelle profondità della terra che per motivi geologici influenzano la superficie terrestre (es. rocce porose che permettono la veloce risalita di acqua calda, masse di magma che risalgono nelle zone superiori della crosta, ecc.).
Le bioenergie hanno però un posto variabile a seconda delle statistiche. La IEA, nelle analisi delle fonti energetiche primarie suddivide le rinnovabili in idroelettrico, biomasse e “altre rinnovabili”. Le biomasse sono presenti come voce a se stante perché, sebbene nei paesi industrializzati rappresentino una percentuale bassa della energia primaria, non è così per molti paesi in via di sviluppo, in cui l'economia di sussistenza o rurale prevede un elevato uso della biomasse solida per la produzione di calore. Nelle statistiche IEA quindi, per “altre rinnovabili” si intendono quelle che, indipendentemente dalla notevole crescita che hanno avuto negli ultimi anni, rappresentano ancora una quota poco significativa nella produzione primaria globale di energia, e sono: vento, sole, geotermia, maree e onde.
Le rinnovabili nella normativa italiana
Prima del 2003, ai sensi del DLgs 79/1999 erano considerate fonti rinnovabili “il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici”. Oggi, a seguito del recepimento Direttiva 2001/77/CE, il DLgs 387/2003 ha stabilito che per fonti rinnovabili debbano intendersi esclusivamente le seguenti forme di energia: “eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, mareomotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas. In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”. Si nota quindi che, nella nuova definizione adottata, scompaiono i “rifiuti inorganici” oggetto di grandi discussioni e polemiche soprattutto in conseguenza del fatto che una parte degli incentivi disponibili per le rinnovabili venivano indirizzati alla filiera della gestione dei rifiuti.
La Direttiva 2009/28/CE “sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, modifica e abroga le direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”. Nell'art. 2 si definisce: ”Energia da fonti rinnovabili: energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas. Biomassa: la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.” (ENEA 2010a, GSE 2010b).
Dal punto di vista produttivo, però, non tutte le fonti hanno la stessa qualità, nel senso che la richiesta di energia ha un andamento quotidiano e stagionale prevedibile: di notte infatti i consumi diminuiscono e lo stesso fanno i prezzi dell'energia. La prevedibilità produttiva è oggetto di una definizione normativa dato che, nell'ambito della produzione di energia elettrica l'art. 2 del DLgs 387/2003 suddivide gli impianti in:
- impianti alimentati da fonti programmabili, ovvero le biomasse, la fonte idraulica ad esclusione degli impianti ad acqua fluente, nonché gli impianti ibridi (ovvero quelli che utilizzano anche energia da fonti non rinnovabili); secondo il GSE rientrano in questo gruppo gli “impianti idroelettrici a serbatoio e bacino, rifiuti solidi urbani, biomasse, impianti assimilati che utilizzano combustibili fossili, combustibili di processo o residui”;
- impianti alimentati da fonti non programmabili, o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta, ovvero tutte le altre fonti; secondo il GSE rientrano nel secondo gruppo gli “impianti di produzione idroelettrici fluenti, eolici, geotermici, fotovoltaici, biogas”.
Le fonti fossili
Si definiscono fossili quei combustibili derivanti dall'accumulo nella crosta terrestre di sostanza di origine vegetale o animale e successiva trasformazione in tempi geologici in sostanze più stabili e ricche di carbonio. Essi sono il petrolio, il carbone e il gas naturale.
Il petrolio
Il petrolio, detto anche greggio o oro nero, è un liquido infiammabile, denso, di colore variabile (nero, marrone scuro, verdognolo e giallo), che si trova in alcuni giacimenti entro gli strati superiori della crosta terrestre. È costituito da una miscela molto variabile di idrocarburi, ovvero molecole organiche costituite da una impalcatura di atomi di carbonio a cui sono legati atomi di idrogeno. La maggior parte degli scienziati sostiene l'origine biotica del petrolio, in particolare in seguito all'accumulo alghe marine unicellulari. Generalmente un tipico giacimento è formato da uno strato di rocce madri (dove si è formato il petrolio), uno strato di rocce porose in cui gli idrocarburi sono migrati (rocce serbatoio) e uno strato di rocce impermeabili soprastanti che impediscono la risalita del materiale fino alla superficie (rocce trappola). Nel corso dei milioni di anni le sostanze organiche presenti negli organismi sprofondano assieme ai sedimenti in cui si trovano e a seguito di mancanza di ossigeno, aumento di pressione e temperatura vanno incontro a modifiche chimiche (maturazione) grazie alle quali si verifica una progressiva di carbonio e idrogeno in catene idrocarburiche.
I vantaggi del petrolio sono legati all'alta densità energetica, alla relativa semplicità di trasporto e all'attuale ampia disponibilità. Il petrolio viene inoltre utilizzato anche per fini non energetici quali la produzione di materie plastiche e altre sostanze di largo uso come paraffina, vaselina, asfalto, ecc. I principali svantaggi derivanti dalla combustione del petrolio sono l'immissione in atmosfera di CO2 e CO, di inquinanti a base di ossidi di zolfo (SO2) e ossidi di azoto (NOX).
Importanti possono essere per il futuro le risorse di petrolio non convenzionale, quali ad esempio le sabbie bituminose canadesi, i greggi ultra-pesanti venezuelani e russi, e il shale oil ovvero gli accumuli di petrolio in rocce poco porose e quindi di difficile estrazione. Queste riserve sono nel complesso più estese delle riserve di idrocarburi convenzionali, ma le tecnologie oggi disponibili rendono economica la loro estrazione solo se il prezzo del greggio supera i 70 dollari al barile.
Il 60% delle riserve convenzionali di petrolio sono nel Medio Oriente (in particolare Arabia Saudita, Iran e Iraq). Dal punto di vista socio-politico va rilevato che circa il 60 % delle risorse mondiali è concentrato nel Golfo Persico, tale disomogenea distribuzione dei giacimenti determina tensioni politiche e rende questa fonte una delle principali cause di tensioni sociali internazionali.
Agli attuali consumi vi è una previsione di produzione di petrolio convenzionale per altri 40 anni (BP 2009). Le previsioni al 2030 vedono un incremento medio annuo dello 0,9% nella produzione primaria di energia, un tasso inferiore a tutte le altre fonti, che lo porterà dall'attuale 34% al 30% nel mix energetico, mantenendo comunque la posizione di fonte principale (IEA 2009d p74).
Il gas naturale
Il gas naturale si trova in giacimenti all'interno della crosta terrestre, talvolta da solo, più spesso insieme al petrolio o al carbone. Prodotto dalla decomposizione anaerobica (in assenza di ossigeno) di materiale organico accumulato nel sottosuolo. Il principale componente del gas naturale è il metano (CH4), ma contiene anche idrocarburi gassosi più pesanti come etano (C2H6), propano (C3H8) e butano (C4H10), nonché modeste percentuali di gas non idrocarburi come CO2, azoto, ossigeno (in tracce), gas nobili, solfuro di idrogeno (H2S) e mercurio (Hg).
Il gas naturale è una delle principali fonti utilizzate per la produzione di energia elettrica in molteplici tipologie di centrali elettriche. Può essere utilizzato nelle centrale termoelettriche tramite l'utilizzo di a turbine a vapore, nelle più efficienti centrali turbogas a ciclo combinato. Oltre al gas convenzionale, esistono molti giacimenti in cui il gas è intrappolato in rocce impermeabili (tight gas), in giacimenti argillosi (shale gas) o in depositi di carbone (coal bed methane), e non facilmente accessibile con le comuni tecnologie di sfruttamento.
Il gas è meno inquinante del petrolio in quanto vi sono minori emissioni di ossidi di zolfo, idrocarburi incombusti (benzene, ecc.), ma la sua combustione determina comunque l'immissione in atmosfera di CO2, CO, ozono, NOX e quindi contribuisce all'effetto serra. L'estrazione di gas (ma anche di petrolio) porta a una diminuzione della pressione nella riserva sotterranea, il che può portare ad una subsidenza del terreno con conseguenti problemi di tipo ambientale (modifica delle quote altimetriche e modifica degli habitat presenti), di tipo civile (aree urbane periodicamente allagate) e produttivo (modifica del livello della falda acquifera e, per le aree in prossimità della costa, ingresso del cuneo salino).
Come per il petrolio la distribuzione dei giacimenti non è omogenea. I più grandi giacimenti conosciuti sono nell'area del Golfo Persico, ma il paese che singolarmente possiede le maggiori riserve conosciute è la Russia (23% del totale).
Il carbone
Il carbone è il risultato della diagenesi (trasformazione in roccia) di resti vegetali principalmente terrestri e paludosi che, nel corso dei tempi geologici, sono stati compressi, induriti, trasformati chimicamente da calore e pressione. L'era geologica durante la quale si formò la maggior parte dei depositi di carbone, attualmente conosciuti nel mondo, è il Carbonifero (fra i 280 e i 345 milioni di anni fa), l'era che vide l'esplosione della vita vegetale sulla terraferma e che ha preso il nome proprio per l'abbondanza di questi giacimenti originatisi rinvenibili entro formazioni geologiche appartenenti a questo periodo. Il carbone è un combustibile fossile pronto all'uso, formatosi entro rocce sedimentarie di color nero o bruno scuro, composto principalmente da carbonio, tracce di idrocarburi, oltre a vari altri minerali accessori assortiti, compresi alcuni a base di zolfo.
Il carbone può essere utilizzato nelle caldaie per produrre calore e vapore in pressione per muovere la macchina o la turbina a vapore, infatti è alla base della rivoluzione industriale nei secoli XVIII, XIX e buona parte del XX. Negli ultimi anni, il carbone è diventato la fonte a maggior crescita come consumi (fonte e collegamento con altri paragrafi). Nel mondo il 25% dell'energia elettrica viene prodotta in impianti a carbone, di cui il 60% è consumato dai paesi dell'Asia, ed i consumi della Cina ammontano al 46% del totale del carbone prodotto.
Le riserve di carbone, intese come antracite, rocce bituminose, sub-bituminose e lignite sono attualmente stimate in 826 miliardi di tonnellate (BP 2009). Produzione e consumo di carbone continueranno ad aumentare e nelle proiezioni al 2030 la Cina è la principale responsabile dell'aumento globale di uso di carbone.
Producendo elevate quantità di CO2 e ossidi di zolfo, il carbone è attualmente la fonte energetica più inquinante, ma lo sviluppo tecnologico recente permette di considerare possibile la via del carbone pulito. La gassificazione integrata a ciclo combinato (IGCC) permette la conversione in carburante “pulito” prima della combustione, riducendo molto gli ossidi di zolfo e di azoto, il particolato e anche la CO2. Un vantaggio del carbone nel suo sviluppo produttivo è che sarà disponibile a lungo, probabilmente più delle altre fonti fossili, e che ha costi di estrazione e produzione inferiori alle altre fonti. Importante è anche il fatto che diversamente dal petrolio non ha una distribuzione geografica baricentrica sul Golfo Persico, ma le riserve si trovano maggiormente distribuite (Stati Uniti, Russia, Australia, Sud Africa, India, Cina, Ucraina, Kazakistan).
Il nucleare
Quando si parla di energia nucleare si parla sostanzialmente di fissione, ovvero la produzione di energia grazie al decadimento nucleare dell'uranio 235 in strutture altamente tecnologiche detti reattori nucleari. L'energia nucleare è anche associata alla fusione, la reazione più diffusa nell'universo che produce l'energia delle stelle (tra cui il sole) in seguito alla unione di quattro atomi di idrogeno (o due di deuterio) per formare un atomo di elio.
Mentre il nucleare da fissione è una tecnologia consolidata (sebbene molto conflittuale) e si sta avviando verso lo sviluppo della promettente 4a generazione, la produzione di energia da fusione è attualmente ancora allo stadio di ricerca e non vi sono al momento garanzie sulla possibilità di realizzazione prima e di industrializzazione poi, del processo in un futuro a medio o lungo termine.
Il nucleare da fissione
Con centrale nucleare (o più correttamente centrale nucleotermoelettrica), si intende una centrale elettrica che sfrutta il calore prodotto dalla fissione nucleare a catena autoalimentata e controllata di materiale fissile. L'uranio (dal greco ouranos "cielo") è un metallo bianco-argenteo molto denso (più del piombo, ma meno dell'oro), tossico e radioattivo, ovvero decade emettendo neutroni, elettroni e raggi gamma. L'uranio è piuttosto diffuso in natura sia nelle rocce (pechblenda) che nell'acqua di mare, infatti ha una abbondanza paragonabile ad arsenico e molibdeno ed è più comune di metalli noti quali cadmio, oro, mercurio, argento e tungsteno. L'uranio si estrae da due minerali, la Uraninite (detta anche Pechblenda) e la Carnotite, ed è composto da una miscela di tre isotopi (234U, 235U e 238U), di cui 238U è il più abbondante (99,3%), segue il 235U (0,71%), quello che decade emettendo radioattività e quindi utilizzato come combustibile.
Le centrali nucleari a fissione funzionano nella sostanza come tutte le centrali termoelettriche basate sul ciclo del vapore. Il materiale fissile decade all'interno di una struttura altamente tecnologica emettendo calore in maniera controllata, la perdita di controllo trasforma il nocciolo in una potenziale bomba atomica. Il calore viene trasferito all'acqua che, sotto forma di vapore, viene portata alla turbina per la produzione di energia elettrica.
In Italia erano presenti 4 reattori a fissione, dismessi dopo il referendum abrogativo del 1987 a seguito dell'incidente di Cernobil avvenuto l'anno precedente. Oggi in Italia rimane attiva una linea di ricerca e sviluppo affidata per legge all’ENEA (Pizzuto et al. 2008).
Calcolare la disponibilità mondiale di uranio è abbastanza complesso, non solo per l'aspetto geologico e geofisco, ma anche per quello finanziario, infatti il costo, e quindi la disponibilità pratica della fonte, dipende moltissimo dai costi dell'arricchimento dell'uranio, i quali dipendono dalla qualità del minerale di base. Con le attuali tecnologie di recupero e di arricchimento, si stima che le riserve utilizzabili in pratica ammontano a circa 5,5 milioni di tonnellate, distribuite in molti paesi della terra con particolari concentrazioni in Australia, Kazakistan, Russia, Sud Africa e Canada (IAEA 2001, WNA 2009).
A seguito del problema del cambiamento climatico e della sicurezza energetica, dell'aumento dei prezzi delle fonti fossili, grazie ai miglioramenti tecnologici in materia di efficienza e sicurezza e con la prospettiva del molto più efficiente nucleare di 4a generazione. Prima dell'incidente nucleare di Fukushima, molti paesi (tra cui l'Italia) avevano espresso un rinnovato interesse nello sviluppo del nucleare. Attualmente la tecnologia sembra in una situazione di stallo con molti paesi che hanno dichiarato di voler diminuire il proprio impegno o, come la Germania, di eliminare completamente l'utilizzo.
I detrattori del nucleare ritengono che tale fonte sia in calo non tanto per le problematiche connesse alla sicurezza, ai costi del materiale fissile e allo smaltimento delle scorie, ma ai reali costi finanziari complessivi. Analizzando il ciclo totale di un impianto, comprensivo di costruzione, esercizio e smantellamento a fine vita, il costo sarebbe monumentale e conseguentemente l'energia elettrica prodotta sarebbe troppo costosa e la fonte non competitiva. A prova di questo portano il fatto che negli ultimi anni non si costruiscono più nuove centrali. Secondo i sostenitori del nucleare da fissione, invece, il motivo della non costruzione risiede nello sviluppo tecnologico che ha permesso di allungare la vita degli impianti esistenti permettendo quindi significativi abbattimenti dei costi. Va infatti sottolineato che le crescenti aspettative per il nucleare risiedono non solo nel costruire nuovi impianti, ma anche nell'estensione degli esistenti.
Sebbene il nucleare sia una fonte energetica che non produce gas serra, la sua sostenibilità ambientale è oggetto di accese discussioni per una serie di problemi, in gran parte irrisolti, che riguardano: rischi di terrorismo e sabotaggio, il pericolo di traffico di materiale fissile e la proliferazione di armi atomiche in paesi cosiddetti “canaglia”, lo smaltimento delle scorie radioattive e i pericoli a lungo termine collegati, gli elevatissimi costi di smantellamento, la disponibilità di uranio e la sua purificazione. Le misure per ridurre tali problemi fanno aumentare moltissimo i costi di produzione energetica e per questo, secondo alcuni, il nucleare non sarebbe sostenibile ne dal punto di vista ambientale ne da quello economico. Per capire la conflittualità ambientale del nucleare prendiamo due parametri: l'anidride carbonica e le scorie radioattive. Se si considera tutta la filiera produttiva (comprensiva delle dispendiose attività di estrazione dei minerali di uranio, di raffinazione, arricchimento, ri-processamento e stoccaggio delle scorie radioattive) il concetto di sostenibilità per il nucleare si indebolisce, ma non eccessivamente, dato che la quantità unitaria di CO2 immessa nell'ambiente (per kWh prodotto) dal ciclo produttivo del nucleare da fissione è comunque inferiore a quella di fonti rinnovabili come solare ed eolico, fonti che, come per il nucleare, emettono CO2 nelle fasi di produzione della tecnologia (es. estrazione e produzione di silicio purissimo per i pannelli) e di realizzazione degli impianti. Fondamentale è infine tenere presente il problema dello stoccaggio a lungo termine delle scorie radioattive che di fatto, ad oggi, non è stato ancora risolto (fonte bibliografica).
I sostenitori del nucleare ritengono invece che, oltre a produrre energia senza immissione di gas serra, è basata su una sostanza, l'uranio, molto diffuso sul pianeta, il che permetterebbe a molti paesi di accedervi riducendo le tensioni politiche per la sicurezza energetica. All'orizzonte sono già disponibili impianti di 3ª generazione avanzata e sono allo studio i reattori nucleari di IV generazione: famiglie di progetti per nuove tipologie di reattore nucleare a fissione probabilmente disponibile commercialmente dal 2030 in poi sui quali si ripongono molte speranze per il significativo miglioramento (almeno nei progetti) delle performance in materia di efficienza, sicurezza da attentati e pericolosità delle scorie. L'energia nucleare non è fossile ne rinnovabile, perché non è di origine organica come per petrolio, carbone e gas, e perché l'uranio 235 è un elemento relativamente abbondante in natura, ma comunque finito alla scala degli attuali consumi. In base alle riserve di uranio fino ad oggi accertate si prevede che al consumo attuale si potrà utilizzare per circa 200 anni.
Il gas naturale si trova in giacimenti all'interno della crosta terrestre, talvolta da solo, più spesso insieme al petrolio o al carbone. Prodotto dalla decomposizione anaerobica (in assenza di ossigeno) di materiale organico accumulato nel sottosuolo. Il principale componente del gas naturale è il metano (CH4), ma contiene anche idrocarburi gassosi più pesanti come etano (C2H6), propano (C3H8) e butano (C4H10), nonché modeste percentuali di gas non idrocarburi come CO2, azoto, ossigeno (in tracce), gas nobili, solfuro di idrogeno (H2S) e mercurio (Hg).
Il gas naturale è una delle principali fonti utilizzate per la produzione di energia elettrica in molteplici tipologie di centrali elettriche. Può essere utilizzato nelle centrale termoelettriche tramite l'utilizzo di a turbine a vapore, nelle più efficienti centrali turbogas a ciclo combinato. Oltre al gas convenzionale, esistono molti giacimenti in cui il gas è intrappolato in rocce impermeabili (tight gas), in giacimenti argillosi (shale gas) o in depositi di carbone (coal bed methane), e non facilmente accessibile con le comuni tecnologie di sfruttamento.
Il gas è meno inquinante del petrolio in quanto vi sono minori emissioni di ossidi di zolfo, idrocarburi incombusti (benzene, ecc.), ma la sua combustione determina comunque l'immissione in atmosfera di CO2, CO, ozono, NOX e quindi contribuisce all'effetto serra. L'estrazione di gas (ma anche di petrolio) porta a una diminuzione della pressione nella riserva sotterranea, il che può portare ad una subsidenza del terreno con conseguenti problemi di tipo ambientale (modifica delle quote altimetriche e modifica degli habitat presenti), di tipo civile (aree urbane periodicamente allagate) e produttivo (modifica del livello della falda acquifera e, per le aree in prossimità della costa, ingresso del cuneo salino).
Come per il petrolio la distribuzione dei giacimenti non è omogenea. I più grandi giacimenti conosciuti sono nell'area del Golfo Persico, ma il paese che singolarmente possiede le maggiori riserve conosciute è la Russia (23% del totale).
Il carbone
Il carbone è il risultato della diagenesi (trasformazione in roccia) di resti vegetali principalmente terrestri e paludosi che, nel corso dei tempi geologici, sono stati compressi, induriti, trasformati chimicamente da calore e pressione. L'era geologica durante la quale si formò la maggior parte dei depositi di carbone, attualmente conosciuti nel mondo, è il Carbonifero (fra i 280 e i 345 milioni di anni fa), l'era che vide l'esplosione della vita vegetale sulla terraferma e che ha preso il nome proprio per l'abbondanza di questi giacimenti originatisi rinvenibili entro formazioni geologiche appartenenti a questo periodo. Il carbone è un combustibile fossile pronto all'uso, formatosi entro rocce sedimentarie di color nero o bruno scuro, composto principalmente da carbonio, tracce di idrocarburi, oltre a vari altri minerali accessori assortiti, compresi alcuni a base di zolfo.
Il carbone può essere utilizzato nelle caldaie per produrre calore e vapore in pressione per muovere la macchina o la turbina a vapore, infatti è alla base della rivoluzione industriale nei secoli XVIII, XIX e buona parte del XX. Negli ultimi anni, il carbone è diventato la fonte a maggior crescita come consumi (fonte e collegamento con altri paragrafi). Nel mondo il 25% dell'energia elettrica viene prodotta in impianti a carbone, di cui il 60% è consumato dai paesi dell'Asia, ed i consumi della Cina ammontano al 46% del totale del carbone prodotto.
Le riserve di carbone, intese come antracite, rocce bituminose, sub-bituminose e lignite sono attualmente stimate in 826 miliardi di tonnellate (BP 2009). Produzione e consumo di carbone continueranno ad aumentare e nelle proiezioni al 2030 la Cina è la principale responsabile dell'aumento globale di uso di carbone.
Producendo elevate quantità di CO2 e ossidi di zolfo, il carbone è attualmente la fonte energetica più inquinante, ma lo sviluppo tecnologico recente permette di considerare possibile la via del carbone pulito. La gassificazione integrata a ciclo combinato (IGCC) permette la conversione in carburante “pulito” prima della combustione, riducendo molto gli ossidi di zolfo e di azoto, il particolato e anche la CO2. Un vantaggio del carbone nel suo sviluppo produttivo è che sarà disponibile a lungo, probabilmente più delle altre fonti fossili, e che ha costi di estrazione e produzione inferiori alle altre fonti. Importante è anche il fatto che diversamente dal petrolio non ha una distribuzione geografica baricentrica sul Golfo Persico, ma le riserve si trovano maggiormente distribuite (Stati Uniti, Russia, Australia, Sud Africa, India, Cina, Ucraina, Kazakistan).
Il nucleare
Quando si parla di energia nucleare si parla sostanzialmente di fissione, ovvero la produzione di energia grazie al decadimento nucleare dell'uranio 235 in strutture altamente tecnologiche detti reattori nucleari. L'energia nucleare è anche associata alla fusione, la reazione più diffusa nell'universo che produce l'energia delle stelle (tra cui il sole) in seguito alla unione di quattro atomi di idrogeno (o due di deuterio) per formare un atomo di elio.
Mentre il nucleare da fissione è una tecnologia consolidata (sebbene molto conflittuale) e si sta avviando verso lo sviluppo della promettente 4a generazione, la produzione di energia da fusione è attualmente ancora allo stadio di ricerca e non vi sono al momento garanzie sulla possibilità di realizzazione prima e di industrializzazione poi, del processo in un futuro a medio o lungo termine.
Il nucleare da fissione
Con centrale nucleare (o più correttamente centrale nucleotermoelettrica), si intende una centrale elettrica che sfrutta il calore prodotto dalla fissione nucleare a catena autoalimentata e controllata di materiale fissile. L'uranio (dal greco ouranos "cielo") è un metallo bianco-argenteo molto denso (più del piombo, ma meno dell'oro), tossico e radioattivo, ovvero decade emettendo neutroni, elettroni e raggi gamma. L'uranio è piuttosto diffuso in natura sia nelle rocce (pechblenda) che nell'acqua di mare, infatti ha una abbondanza paragonabile ad arsenico e molibdeno ed è più comune di metalli noti quali cadmio, oro, mercurio, argento e tungsteno. L'uranio si estrae da due minerali, la Uraninite (detta anche Pechblenda) e la Carnotite, ed è composto da una miscela di tre isotopi (234U, 235U e 238U), di cui 238U è il più abbondante (99,3%), segue il 235U (0,71%), quello che decade emettendo radioattività e quindi utilizzato come combustibile.
Le centrali nucleari a fissione funzionano nella sostanza come tutte le centrali termoelettriche basate sul ciclo del vapore. Il materiale fissile decade all'interno di una struttura altamente tecnologica emettendo calore in maniera controllata, la perdita di controllo trasforma il nocciolo in una potenziale bomba atomica. Il calore viene trasferito all'acqua che, sotto forma di vapore, viene portata alla turbina per la produzione di energia elettrica.
In Italia erano presenti 4 reattori a fissione, dismessi dopo il referendum abrogativo del 1987 a seguito dell'incidente di Cernobil avvenuto l'anno precedente. Oggi in Italia rimane attiva una linea di ricerca e sviluppo affidata per legge all’ENEA (Pizzuto et al. 2008).
Calcolare la disponibilità mondiale di uranio è abbastanza complesso, non solo per l'aspetto geologico e geofisco, ma anche per quello finanziario, infatti il costo, e quindi la disponibilità pratica della fonte, dipende moltissimo dai costi dell'arricchimento dell'uranio, i quali dipendono dalla qualità del minerale di base. Con le attuali tecnologie di recupero e di arricchimento, si stima che le riserve utilizzabili in pratica ammontano a circa 5,5 milioni di tonnellate, distribuite in molti paesi della terra con particolari concentrazioni in Australia, Kazakistan, Russia, Sud Africa e Canada (IAEA 2001, WNA 2009).
A seguito del problema del cambiamento climatico e della sicurezza energetica, dell'aumento dei prezzi delle fonti fossili, grazie ai miglioramenti tecnologici in materia di efficienza e sicurezza e con la prospettiva del molto più efficiente nucleare di 4a generazione. Prima dell'incidente nucleare di Fukushima, molti paesi (tra cui l'Italia) avevano espresso un rinnovato interesse nello sviluppo del nucleare. Attualmente la tecnologia sembra in una situazione di stallo con molti paesi che hanno dichiarato di voler diminuire il proprio impegno o, come la Germania, di eliminare completamente l'utilizzo.
I detrattori del nucleare ritengono che tale fonte sia in calo non tanto per le problematiche connesse alla sicurezza, ai costi del materiale fissile e allo smaltimento delle scorie, ma ai reali costi finanziari complessivi. Analizzando il ciclo totale di un impianto, comprensivo di costruzione, esercizio e smantellamento a fine vita, il costo sarebbe monumentale e conseguentemente l'energia elettrica prodotta sarebbe troppo costosa e la fonte non competitiva. A prova di questo portano il fatto che negli ultimi anni non si costruiscono più nuove centrali. Secondo i sostenitori del nucleare da fissione, invece, il motivo della non costruzione risiede nello sviluppo tecnologico che ha permesso di allungare la vita degli impianti esistenti permettendo quindi significativi abbattimenti dei costi. Va infatti sottolineato che le crescenti aspettative per il nucleare risiedono non solo nel costruire nuovi impianti, ma anche nell'estensione degli esistenti.
Sebbene il nucleare sia una fonte energetica che non produce gas serra, la sua sostenibilità ambientale è oggetto di accese discussioni per una serie di problemi, in gran parte irrisolti, che riguardano: rischi di terrorismo e sabotaggio, il pericolo di traffico di materiale fissile e la proliferazione di armi atomiche in paesi cosiddetti “canaglia”, lo smaltimento delle scorie radioattive e i pericoli a lungo termine collegati, gli elevatissimi costi di smantellamento, la disponibilità di uranio e la sua purificazione. Le misure per ridurre tali problemi fanno aumentare moltissimo i costi di produzione energetica e per questo, secondo alcuni, il nucleare non sarebbe sostenibile ne dal punto di vista ambientale ne da quello economico. Per capire la conflittualità ambientale del nucleare prendiamo due parametri: l'anidride carbonica e le scorie radioattive. Se si considera tutta la filiera produttiva (comprensiva delle dispendiose attività di estrazione dei minerali di uranio, di raffinazione, arricchimento, ri-processamento e stoccaggio delle scorie radioattive) il concetto di sostenibilità per il nucleare si indebolisce, ma non eccessivamente, dato che la quantità unitaria di CO2 immessa nell'ambiente (per kWh prodotto) dal ciclo produttivo del nucleare da fissione è comunque inferiore a quella di fonti rinnovabili come solare ed eolico, fonti che, come per il nucleare, emettono CO2 nelle fasi di produzione della tecnologia (es. estrazione e produzione di silicio purissimo per i pannelli) e di realizzazione degli impianti. Fondamentale è infine tenere presente il problema dello stoccaggio a lungo termine delle scorie radioattive che di fatto, ad oggi, non è stato ancora risolto (fonte bibliografica).
I sostenitori del nucleare ritengono invece che, oltre a produrre energia senza immissione di gas serra, è basata su una sostanza, l'uranio, molto diffuso sul pianeta, il che permetterebbe a molti paesi di accedervi riducendo le tensioni politiche per la sicurezza energetica. All'orizzonte sono già disponibili impianti di 3ª generazione avanzata e sono allo studio i reattori nucleari di IV generazione: famiglie di progetti per nuove tipologie di reattore nucleare a fissione probabilmente disponibile commercialmente dal 2030 in poi sui quali si ripongono molte speranze per il significativo miglioramento (almeno nei progetti) delle performance in materia di efficienza, sicurezza da attentati e pericolosità delle scorie. L'energia nucleare non è fossile ne rinnovabile, perché non è di origine organica come per petrolio, carbone e gas, e perché l'uranio 235 è un elemento relativamente abbondante in natura, ma comunque finito alla scala degli attuali consumi. In base alle riserve di uranio fino ad oggi accertate si prevede che al consumo attuale si potrà utilizzare per circa 200 anni.