Lo sviluppo sostenibile
di Gian Andrea Pagnoni
ultima modifica 3/7/2014
A partire dagli anni Ottanta del '900, l’attenzione della Comunità Internazionale verso il problema della tutela ambientale vede una ulteriore intensificazione: da un lato cresce la richiesta di maggiore impegno, dall'altro si evidenza in modo sempre più netto il conflitto tra Stati industrializzati e Stati in via di sviluppo nella ricerca dell'equilibrio tra due interessi apparentemente contrapposti: la tutela ambientale e il diritto allo sviluppo. La prima definizione di Sviluppo sostenibile risale al rapporto Brundtland, il quale ha ispirato alcune importanti conferenze delle Nazioni Unite, documenti di programmazione economica e legislazioni nazionali ed internazionali. Per favorire lo sviluppo sostenibile sono in atto molteplici attività ricollegabili sia alle politiche ambientali dei singoli stati e delle organizzazioni sovranazionali sia a specifiche attività collegate ai vari settori dell'ambiente naturale. Ripercorriamo le tappe del percorso.
ultima modifica 3/7/2014
A partire dagli anni Ottanta del '900, l’attenzione della Comunità Internazionale verso il problema della tutela ambientale vede una ulteriore intensificazione: da un lato cresce la richiesta di maggiore impegno, dall'altro si evidenza in modo sempre più netto il conflitto tra Stati industrializzati e Stati in via di sviluppo nella ricerca dell'equilibrio tra due interessi apparentemente contrapposti: la tutela ambientale e il diritto allo sviluppo. La prima definizione di Sviluppo sostenibile risale al rapporto Brundtland, il quale ha ispirato alcune importanti conferenze delle Nazioni Unite, documenti di programmazione economica e legislazioni nazionali ed internazionali. Per favorire lo sviluppo sostenibile sono in atto molteplici attività ricollegabili sia alle politiche ambientali dei singoli stati e delle organizzazioni sovranazionali sia a specifiche attività collegate ai vari settori dell'ambiente naturale. Ripercorriamo le tappe del percorso.
La Dichiarazione di Stoccolma
La dichiarazione sull'ambiente umano è stata approvata il 16 giugno 1972 dai capi delle 110 delegazioni che hanno partecipato alla Conferenza dell'ONU tenutasi a Stoccolma. Nel preambolo la Dichiarazione afferma che siamo ormai giunti ad un punto della storia in cui “noi dobbiamo condurre le nostre azioni in tutto il mondo con più prudente attenzione per le loro conseguenze sull'ambiente”. La difesa e il miglioramento dell'ambiente sono divenuti “uno scopo imperativo per tutta l'umanità”, da perseguire insieme a quelli fondamentali della pace e dello sviluppo economico e sociale mondiale.
Dal WCS al Rapporto Brundtland
Negli anni '80 si fa strada l'esigenza di conciliare crescita economica ed equa distribuzione delle risorse in un nuovo modello di sviluppo. Il principio organizzativo di questo paradigma viene individuato nel concetto di sostenibilità dello sviluppo: un insieme di valori che interessa tutti i campi dell' attività umana, in modo trasversale e in una prospettiva di lungo termine.
Nel 1980, nella Strategia Mondiale per la Conservazione (WCS), si legge: "Per affrontare le sfide di una rapida globalizzazione del mondo una coerente e coordinata politica ambientale deve andare di pari passo con lo sviluppo economico e l'impegno sociale".
Gli obiettivi delineati sono:
- mantenimento dei sistemi vitali e dei processi ecologici essenziali
- conservazione della diversità genetica
- utilizzo sostenibile delle specie e degli ecosistemi
Parte 1. Preoccupazioni comuni
- un futuro minacciato
- verso uno sviluppo sostenibile
- il ruolo dell'economia internazionale
- Popolazione e risorse umane
- Sicurezza alimentare: sostenere le potenzialità
- Specie ed ecosistemi: risorse per lo sviluppo
- Energia: scelte per l'ambiente e lo sviluppo
- Industria: produrre più con meno
- Il problema urbano
- Gestione dei beni comuni internazionali
- Pace, sicurezza, sviluppo e ambiente
- Verso un'azione comune.
- il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di rigenerazione;
- l'immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell'ambiente non deve superare la capacità di carico dell'ambiente stesso;
- lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.
Dichiarazione di Rio e Agenda 21
L'improrogabile necessità di individuare un percorso universale per costruire uno sviluppo sostenibile conduce la comunità mondiale a riunirsi nel 1992 a Rio de Janeiro, cui hanno partecipato rappresentanti dei governi di 178 Paesi, più di 100 capi di Stato e oltre 1000 Organizzazioni Non Governative. I Paesi aderenti riconoscono che le problematiche ambientali devono essere affrontate in maniera universale e che le soluzioni devono coinvolgere tutti gli Stati. Vengono negoziate e approvate tre dichiarazioni di principi, firmate due convenzioni globali. Per sovrintendere all'applicazione degli accordi nasce la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite CSD con il mandato di elaborare indirizzi politici per le attività future e promuovere il dialogo e la costruzione di partneriati tra governi e gruppi sociali.
Sono state sottoscritte 2 convenzioni e 3 dichiarazioni di principi:
- L'Agenda 21: il Programma d'Azione per il XXI secolo, pone lo sviluppo sostenibile come una prospettiva da perseguire per tutti i popoli del mondo. Costituisce un complesso quadro di strategie integrate e di programmi dettagliati indirizzati agli Stati che hanno sottoscritto il documento per realizzare l’obiettivo della sostenibilità nel XXI secolo (altresì noto come Earth’s Action Plan). Ricordiamo che il 17° tra i Principi della Dichiarazione di Rio riconosce l’importanza della valutazione di impatto ambientale.
- La Dichiarazione dei principi per la gestione sostenibile delle foreste sancisce il diritto degli Stati di utilizzare le foreste secondo le proprie necessità, senza ledere i principi di conservazione e sviluppo delle stesse
- La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici cui seguirà la Convenzione sulla Desertificazione - pone obblighi di carattere generale miranti a contenere e stabilizzare la produzione di gas che contribuiscono all'effetto serra
- La Convenzione quadro sulla biodiversità, con l'obiettivo di tutelare le specie nei loro habitat naturali e riabilitare quelle in via di estinzione.
Quinto piano d'azione ambientale"Per uno sviluppo durevole e sostenibile" 1993/1999
L'Unione Europea approva nel 1992 il Quinto Piano di Azione Ambientale al fine di rendere operativi gli accordi firmati a Rio, in cui si sostiene che "è necessario un cambiamento radicale in tutti i settori di intervento della comunità. Esso presuppone che la tutela dell'ambiente venga integrata nella definizione e nell'attuazione delle altre politiche comunitarie, non solo per il bene dell'ambiente, ma per il bene e il progresso degli altri settori."
Settori d'intervento
- Industria manifatturiera: "occorre incoraggiare diverse forme di accordi su base volontaria e di autocontrollo"
- Energia: "Un miglioramento globale dei consumi energetici e dell'ambiente non è pensabile senza un miglioramento nei paesi in via di sviluppo e nell'Europa centrale e orientale"
- Trasporti: "occorre migliorare la posizione competitiva dei modi di trasporti più ecologici, ferrovie, navigazione interna e marittima e trasporti combinati"
- Agricoltura: "la ricerca di un equilibrio sostenibile tra attività agricola e risorse naturali … è auspicabile da un punto di vista ambientale e agricolo-economico. " Turismo "se il turismo è pianificato e controllato adeguatamente, può senz'altro favorire lo sviluppo regionale e la protezione dell'ambiente".
Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile in Italia (1993 )
"Perseguire lo sviluppo sostenibile significa ricercare un miglioramento della qualità della vita pur rimanendo nei limiti della recettività ambientale. Sviluppo sostenibile non vuol dire bloccare la crescita economica, anche perché persino in alcune aree del nostro paese, l'ambiente stesso è una vittima della povertà e della spirale di degrado da essa provocata. Un piano di azione per lo sviluppo sostenibile non deve solo promuovere la conservazione delle risorse, ma anche sollecitare attività produttive compatibili con gli usi futuri. Ne deriva che l'applicazione del concetto di sviluppo sostenibile è da un lato dinamica, ovvero legata alle conoscenze e all'effettivo stato dell'ambiente e degli ecosistemi, dall'altro consiglia un approccio cautelativo riguardo alle situazioni e alle azioni che possono compromettere gli equilibri ambientali, attivando un processo continuo di correzione degli errori".
International Council for Local Environmental Initiatives (ICLEI)
Nel 1994, la International Council for Local Environmental Initiatives ha fornito un'ulteriore definizione di sviluppo sostenibile: “Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi”. Ciò significa che le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali sono strettamente correlate, ed ogni intervento di programmazione deve tenere conto delle reciproche interrelazioni. L'ICLEI, infatti, definisce lo sviluppo sostenibile come lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunità economiche a tutti gli abitanti di una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del sistema naturale, urbano e sociale che da queste opportunità dipendono.
Trattato di Amsterdam
Con le modifiche introdotte nei Trattati Europei, la tutela ambientale è divenuta un principio costituzionale dell'Unione europea ed una politica comunitaria non subordinata ma di pari livello rispetto alle altre fondamentali finalità dell'UE. L'articolo 2 del Trattato di Amsterdam (1997) afferma che "La Comunità Europea promuoverà …uno sviluppo sostenibile, armonioso ed equilibrato delle attività economiche, un alto livello di occupazione e della sicurezza sociale, l'eguaglianza tra donne e uomini, una crescita economica sostenibile e non inflattiva… un alto grado di protezione e miglioramento della qualità dell'ambiente, la crescita degli standard e della qualità della vita, la solidarietà e la coesione sociale ed economica tra gli Stati membri".
Convenzione di Aarhus
Nella convenzione, siglata nel 1998, si afferma che il cittadino è il primo attore del processo di cambiamento e deve avere la possibilità di contribuire attivamente alla promozione dello sviluppo sostenibile. Per questo le pubbliche amministrazioni si impegnano a ottimizzare le potenzialità dell'intera società civile attraverso azioni di sensibilizzazione ed informazione e a promuoverne il coinvolgimento nei processi decisionali.
L'informazione: il cittadino deve essere informato sulle tematiche ambientali. Egli deve poter valutare la qualità dell'ambiente in cui vive e le modificazioni che lo minacciano. Le amministrazioni sono tenute a fornire informazioni chiare ed esaurienti, possibilmente attraverso l'uso di tecnologie informatiche interattive.
La partecipazione dei cittadini ai processi decisionali pubblici è la prima condizione di sostenibilità dello sviluppo. Le politiche ambientali devono essere basate sul confronto con i soggetti sociali interessati e tradursi in strategie condivise. Una decisione concertata con i destinatari e costruita con un alto tasso di consenso è una decisione democratica che ha più probabilità di essere attuata in modo ottimale grazie alla collaborazione di tutti. E' anche una decisione di migliore qualità: i cittadini e, in particolar modo le associazioni di protezione ambientale o in altro modo rappresentative, sono depositari di preziose conoscenze relative alla situazione del territorio, alle esigenze ambientali locali e agli interessi di chi vi abita.
La Dichiarazione del Millennio
Nel 2000, ad Hannover in Germania, 250 autorità locali di 36 Paesi europei e delle regioni confinanti si sono riunite nella 3ª conferenza europea sulle città sostenibili per valutare i risultati conseguiti e per concordare una linea d'azione comune alle soglie del 21° secolo e la Sessione speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adotta la Dichiarazione del Millennio. Nelle sue sezioni terza e quarta definisce gli obiettivi internazionali di sviluppo che la comunità internazionale deve perseguire.
A seguito di tale Dichiarazione, nel corso della primavera e dell'estate 2001, il Comitato OCSE per gli aiuti allo sviluppo (DAC), il Segretariato delle Nazioni Unite, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno messo a punto gli obiettivi internazionali di sviluppo:
- La riduzione del 50%, tra il 1990 e il 2015, delle persone che vivono in condizioni di estrema povertà (cioè con meno di 1 dollaro Usa al giorno)
- La frequenza della scuola primaria da parte del 100% dei bambini entro il 2015
- La pari partecipazione delle bambine all'educazione primaria e secondaria entro il 2005
- La riduzione di due terzi tra il 1990 e il 2015 della mortalità infantile (bambini con meno di cinque anni)
- La riduzione di tre quarti tra il 1990 e il 2015 della mortalità materna
- La riduzione del 50%, entro il 2015, della diffusione dell'Aids, della malaria e delle altre malattie infettive
- L'adozione, entro il 2005, da parte di ogni paese di una strategia per lo sviluppo sostenibile, per ribaltare, entro il 2015, la tendenza alla perdita di risorse ambientali
- Lo sviluppo di una partnership globale per lo sviluppo tra i paesi donatori e i beneficiari attraverso un sistema finanziario e di scambi commerciali aperto e non discriminatorio
VI Piano d'Azione Ambientale 2002/2010 dell'UE
La proposta della Commissione europea sul Sesto Piano di Azione per l'Ambiente (2001) ha origine da una consultazione avviata dalla Commissione nel 1999 sul Quinto Programma di Azione. Il nuovo Piano individua gli obiettivi generali da perseguire e le azioni prioritarie della futura politica ambientale dell'Unione europea per i prossimi dieci anni. Al Consiglio dei Ministri dell'Ambiente del 7/8 giugno 2001 in Lussemburgo è stata adottata, in prima lettura, una posizione comune sul Sesto Piano di Azione per l'Ambiente. Quattro le aree di azione prioritarie:
- Cambiamento climatico: "… stabilizzare la concentrazione atmosferica di gas serra ad un livello che non causi variazioni innaturali del clima terrestre …"
- Natura e biodiversità: "Proteggere e, ove necessario, risanare il funzionamento dei sistemi naturali e arrestare la perdita di biodiversità sia nell'UE che su scala mondiale."
- Ambiente e salute: "Ottenere una qualità dell'ambiente tale che i livelli di contaminanti di origine antropica, compresi i diversi tipi di radiazioni, non diano adito a conseguenze o a rischi significativi per la salute umana."
- Uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti: "Garantire che il consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabili e l'impatto che esso comporta non superino la capacità di carico dell'ambiente e dissociare l'utilizzo delle risorse dalla crescita economica migliorando sensibilmente l'efficienza delle risorse, dematerializzando l'economia e prevenendo la produzione di rifiuti."
Strategia dell'Unione Europea per lo Sviluppo Sostenibile
Il Consiglio Europeo di Helsinki del dicembre 1999 ha invitato la Commissione Europea a elaborare una proposta di strategia a lungo termine per il coordinamento delle politiche per uno sviluppo sostenibile sotto il profilo economico, sociale ed ecologico. La proposta è stata presentata dalla Commissione il 15 maggio 2001 e approvata al Consiglio Europeo di Göteborg nel giugno 2001.
La strategia concentra l'attenzione sui problemi che rappresentano una minaccia grave o irreversibile per il benessere futuro della società europea. Contiene alcune concrete proposte per rendere più coerente il processo di elaborazione delle proprie politiche, indicando obiettivi specifici e misure necessarie per il loro raggiungimento. "Nei prossimi anni la strategia sullo sviluppo sostenibile dovrebbe fungere da catalizzatore per i politici e l'opinione pubblica, diventando uno dei motori della riforma istituzionale e del cambiamento dei comportamenti delle imprese e dei consumatori."
Obiettivi principali e misure specifiche
- Limitare il cambiamento climatico e potenziare l'uso dell'energia pulita
- Affrontare le minacce per la salute pubblica
- Gestire le risorse naturali in maniera più responsabile
- Migliorare il sistema dei trasporti e la gestione dell'uso del territorio
- Proposte e raccomandazioni intersettoriali "… far sì che le varie politiche si rafforzino a vicenda e non vadano invece in direzioni opposte …"
- Misure per attuare la strategia e valutarne i progressi "… Lo sviluppo sostenibile è, per sua natura, un obiettivo a lungo termine. … Dei riesami periodici intermedi consentiranno all'Unione di adeguare la strategia ai cambiamenti …"
Sviluppo sostenibile dell'UNESCO
Nel 2001, l'UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che "la diversità culturale è necessaria per l'umanità quanto la biodiversità per la natura (...) la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale". (Art 1 and 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). In questa visione, la diversità culturale diventa il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, accanto al tradizionale equilibrio delle tre E. Il nuovo concetto di sviluppo sostenibile proposto dall'UNESCO ha contribuito a generare approcci multidisciplinari sia nelle iniziative politiche che nella ricerca. Un esempio molto recente è la rete di eccellenza "Sviluppo sostenibile in un mondo diverso" SUS.DIV, finanziata dall'Unione Europea e coordinata dalla Fondazione Eni Enrico Mattei o pure quest'altro: Sistemi Sostenibili Internazionali.
Vertice dell'Organizzazione mondiale del commercio
Durante il Vertice di Doha, Qatar nel 2001, è stata concordata una posizione comune che costituisce la cosiddetta Dichiarazione Ministeriale. Tale dichiarazione ha raccolto il consenso dei 144 Stati che aderiscono all'Organizzazione, tra cui la Cina che ne è entrata a far parte solo di recente. I temi principali sono:
- Agricoltura: si è deciso di procedere ad una graduale eliminazione dei sussidi alle esportazioni agricole
- Ambiente: si è riaffermato l'obiettivo di intraprendere un processo di sviluppo sostenibile ed è stato riproposto il "principio di precauzione", cioè la possibilità di limitare l'importazione di prodotti che potrebbero risultare nocivi, anche nel caso in cui manchi la prova scientifica della loro nocività
- Lavoro: sono stati ribaditi gli standard minimi internazionalmente riconosciuti che individuano le condizioni per un lavoro dignitoso; e si è preso atto delle attività che l'Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) sta svolgendo sulle interrelazioni tra la globalizzazione e la dimensione sociale dello Sviluppo
- Farmaci: è stata raggiunta un'intesa sui 'farmaci salvavita': in caso di emergenza sanitaria i paesi in via di sviluppo potranno acquistare da paesi terzi i medicinali indispensabili per curare l'aids, la malaria, la tubercolosi ed altre malattie, senza il pagamento di diritti di brevetto.
Conferenza Internazionale per il Finanziamento dello Sviluppo
La conferenza, organizzata dalle Nazioni Unite nel 2002 a Monterrey, Messico, per risolvere le questioni finanziarie legate alle principali problematiche dello sviluppo, ha sancito un impegno finanziario da parte di numerosi governi. In particolare l'Unione Europea si è impegnata a mettere a disposizione 7 miliardi di dollari mentre gli Stati Uniti hanno deciso di stanziarne cinque entro il 2006. Obiettivo prioritario è lo stanziamento di risorse finanziarie adeguate per:
- combattere l'AIDS
- garantire l'istruzione primaria in tutto il mondo
- dimezzare entro il 2015 le persone che vivono in povertà
- mobilitazione delle risorse finanziarie nazionali
- mobilitazione degli investimenti diretti dall'estero e di altri flussi
- commercio internazionale
- assistenza allo sviluppo
- cancellazione del debito
- sistemi monetari, finanziari e commerciali
Vertice mondiale FAO sull'alimentazione (Roma 2002)
Durante il Vertice i rappresentanti di 182 nazioni hanno rinnovato il loro impegno di ridurre della metà il numero delle persone malnutrite nel mondo entro il 2015. Capi di stato e di governo hanno approvato all'unanimità la Dichiarazione finale chiedendo a governi, organizzazioni internazionali, organizzazioni della società civile e settore privato "di rafforzare i loro impegni in modo da formare un'alleanza internazionale contro la fame". Tali impegni sono finalizzati a porre fine alla tragedia di più di 800 milioni di persone sottoalimentate in tutto il mondo.
Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile (Johannesburg 2002)
Organizzato dalle Nazioni Unite nel 2002 a Johannesburg, Sud Africa, il vertice vide la partecipazione di numerosi capi di Stato e di governo, rappresentanti delle Organizzazioni Non Governative (ONG), del settore privato e di altri gruppi di interesse. L'obiettivo era puntare l'attenzione sulle nuove sfide da affrontare per realizzare uno sviluppo sostenibile, cioè un modello di sviluppo che coniughi gli aspetti economici con quelli sociali e ambientali, in grado di assicurare una società più equa e prospera, nel rispetto delle generazioni future. Il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile rappresentò l'occasione per riflettere su quanto iniziato al Summit di Rio e per realizzare gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Uno dei risultati più importanti del Vertice è stata l'adozione di un piano d'azione, sottoscritto da tutti gli Stati presenti, nel quale sono stati individuati i temi chiave per il prossimo decennio.
I temi chiave sono stati:
- Povertà e obiettivi di sviluppo del Millennio - I dati statistici ufficiali sulle persone che vivono in condizione di estrema povertà, analfabetismo e malattia, sia nei paesi in via di sviluppo sia in quelli industrializzati, sono ancora allarmanti. 1,2 miliardi di persone vivono con meno di un dollaro al giorno, circa la metà della popolazione mondiale sopravvive con meno di due dollari al giorno. Gli obiettivi fissati nella Dichiarazione sul Millennio sono ancora lontani. Eppure grazie a scambi, riforme e investimenti alcuni paesi asiatici e africani hanno conseguito traguardi ragguardevoli. Il rapporto diffuso dalla Banca Mondiale (gennaio 2002) ha sottolineato la necessità di aiuti aggiuntivi da parte delle nazioni industrializzate. In questa direzione i leader mondiali durante la Conferenza Internazionale sui Finanziamenti per lo Sviluppo si sono impegnati a corrispondere ulteriori sussidi. Generare fondi addizionali e orientare meglio gli aiuti rappresentano le sfide più importanti da affrontare a Johannesburg.
- Acqua - Meno dell'1%: questa la quantità di acqua dolce accessibile all'uomo. Nell'ultima Conferenza Internazionale sull'Acqua (Bonn, 2001) sono stati presentati dati non poco preoccupanti: 2,2 miliardi di persone hanno bisogno di adeguate infrastrutture per utilizzare le risorse idriche e migliorarne le condizioni igienico-sanitarie. In attesa dell'Anno Internazionale dell'Acqua (2003), i governi di tutti i paesi dovranno impegnarsi per incrementare le risorse economiche necessarie a garantire l'accesso universale, trasferire conoscenze e tecnologie, promuovere un uso efficiente del bene primario, restaurando un equilibrio tra capacità dell'ecosistema e fabbisogno umano.
- Energia - L'accessibilità universale alle risorse energetiche è ben lontana: in un mondo sempre più interconnesso e interdipendente questa disparità - morale, politica, economica - rischia di immobilizzare la distanza tra produttori e consumatori. Il settore è dominato dai carburanti fossili i cui rifiuti sono estremamente nocivi per l'inquinamento atmosferico e la riduzione dei gas serra. L'economia mondiale è estremamente influenzata dall'instabilità del mercato petrolifero. Occorre indirizzare gli sforzi per potenziare la ricerca, l'utilizzo di fonti rinnovabili e di tecnologie "pulite", per ratificare e implementare il Protocollo di Kyoto
- Salute - È sempre più evidente il legame tra sviluppo sostenibile e sanità. La maggior parte delle attività produttive influenza l'ambiente condizionando negativamente il benessere della popolazione mondiale. Malattie come la malaria, la tubercolosi, l'AIDS incidono gravosamente nel bilancio economico dei paesi in via di sviluppo mentre le nazioni industrializzate devono fronteggiare i danni causati dall'inquinamento atmosferico e idrico. Per questo l'Organizzazione Mondiale della Salute incoraggia gli investimenti sulla sanità che si tradurrebbero in evidenti benefici finanziari
- Protezione dell'ambiente naturale - Fenomeni come desertificazione, riduzione della fascia di ozono, innalzamento del livello degli oceani, impoverimento della fauna e della flora (terrestri e marine), erosione delle coste, scioglimento dei ghiacciai minacciano gravemente il pianeta. Paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo sono responsabili in ugual misura: l'uso indiscriminato delle risorse ha profondamente danneggiato gli equilibri degli ecosistemi, lo sfruttamento eccessivo ne ha compromesso la capacità di rigenerazione. Trasformare l'attuale modello di sviluppo secondo i principi della sostenibilità sembra essere la soluzione più efficace.
- Globalizzazione - L'economia mondiale si sta rapidamente trasformando: globalizzazione, liberalizzazione dei commerci e dei mercati di capitali, privatizzazioni, deregolamentazione delle attività economiche, incremento delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (ICT) hanno innalzato lo standard di vita e offerto nuove opportunità di crescita. Tuttavia questo rapido progresso non beneficia tutte le nazioni. Nella complessità dell'interconnessione economica i paesi in via di sviluppo rischiano di arretrare ulteriormente: occorre dunque gestire la globalizzazione in modo che si armonizzi con i precetti dello sviluppo sostenibile e sia realmente efficace per tutti i paesi.
- Modelli di produzione e di consumo - Alcuni studiosi hanno calcolato che, affinché tutti gli individui possano mantenere un tenore di vita medio (in una nazione industrializzata), occorrono 2,6 pianeti in più. Eppure nonostante la quotidiana erosione del capitale naturale diversi progressi sono stati compiuti: alcuni paesi hanno introdotto incentivi e tasse "verdi", alcune industrie hanno adottato processi produttivi eco-efficienti, i consumatori sono orientati verso acquisti più rispettosi dell'ambiente. La sfida è quella di modificare l'attuale sistema senza paralizzare la crescita delle popolazioni. Inoltre, un cambiamento degli stili di consumo, coniugandosi con una distribuzione più equa delle risorse, può contribuire a mitigare i conflitti sociali
- Africa - Fotografare l'evoluzione economico-sociale del mondo è un'impresa impossibile a causa della velocità del progresso. Ma non per l'Africa, dove tutto sembra procedere lentamente o non procedere affatto. I conflitti intestini, lo spettro dell'Aids, la desertificazione e la deforestazione, l'estrema povertà e le condizioni igienico-sanitarie disastrose, gli scambi ridotti ai minimi termini: anche gli aiuti umanitari non hanno riscosso il successo sperato; il continente più antico del globo sembra ancora quello più arretrato. Alcuni governi africani si sono riuniti nel NEPAD (New Partnership for Africa's Development), un nuovo patto tra Algeria, Egitto, Nigeria, Senegal e Sud Africa, fondato sullo sviluppo sostenibile con l'obiettivo di promuovere la lotta alla povertà, alla fame e alla guerra, sia individualmente che collettivamente.
Limiti e critiche al concetto di sviluppo sostenibile
Il modello di sviluppo sostenibile proposto è minacciato d’altra parte dagli alti costi che esso comporta. La considerazione dell’ambiente come elemento condizionante le politiche economiche e di sviluppo causa infatti un incremento di costi notevole, visto che da uno sfruttamento incondizionato delle risorse si vuole passare ad uno sfruttamento delle risorse capace di consentirne il mantenimento e il recupero. Di fronte a questa realtà la posizione in cui si pongono gli Stati non è la medesima. In particolare, mentre gli Stati industrializzati (primi fra tutti quelli nordamericani e dell’Europa occidentale) riconoscono di aver privilegiato in passato un modello di sviluppo economico basato sul consumo sconsiderato delle risorse naturali, che ha consentito di raggiungere le attuali condizioni di industrializzazione, ma che è anche responsabile del deterioramento dell’ambiente nel suo complesso, e pretendono la diffusione di un sistema di sviluppo alternativo che contrapponga alla crescita economica l’integrazione della problematica ambientale nella definizione delle scelte di politica economica in senso lato (agricoltura, forestale, industriale, energetica, ecc.), i Paesi in via di sviluppo, non avvertendo alcuna responsabilità per la situazione attuale di degrado ambientale in quanto non l’hanno causata e in quanto ancor meno hanno usufruito dei benefici di un processo di sviluppo economico incondizionato che non li ha visti protagonisti, rivendicano a loro volta, e per quanto paradossale possa sembrare, una sorta di diritto all’inquinamento come riflesso del diritto allo sviluppo delle rispettive economie nazionali. Non a caso il Protocollo di Kyoto permette ai paesi in via di sviluppo la non adesione al protocollo stesso.
Il concetto di Sviluppo sostenibile è aspramente criticato da Serge Latouche, Maurizio Pallante e dai movimenti facenti capo alla teoria della Decrescita. Essi ritengono impossibile pensare uno sviluppo economico basato sui continui incrementi di produzione di merci che sia anche in sintonia con la preservazione dell'ambiente. In particolare, ammoniscono i comportamenti delle società occidentali che, seguendo l'ottica dello sviluppo sostenibile, si trovano ora di fronte al paradossale problema di dover consumare più del necessario pur di non scalfire la crescita dell'economia di mercato, con conseguenti numerosi problemi ambientali: sovrasfruttamento delle risorse naturali, aumento dei rifiuti, mercificazione dei beni. Il tutto, a loro modo di vedere, non è quindi compatibile con la sostenibilità ambientale: ritengono lo sviluppo sostenibile una teoria superata, in ogni caso non più applicabile alle moderne economie.
Conclusione
Al termine di questo articolo vogliamo dare maggiore enfasi al fatto che la sostenibilità non è un concetto esclusivamente ambientale e che al contrario rappresenta l’unico modello socioeconomico che può consentire la sopravvivenza dell'uomo sul pianeta. L’ipotesi di un conflitto tra tutela dell’ambiente e sviluppo economico è di fatto contraddittoria, dato che senza l’uno non può esistere l’altro e visto anche che quello stesso sviluppo economico può avere implicazioni di carattere tecnologico e scientifico utili per la tutela dell’ambiente.