La Valutazione di Impatto Ambientale: principi e procedure
di Gian Andrea Pagnoni
ultima modifica 3/07/2014
ultima modifica 3/07/2014
Ogni azione sull'ambiente può avere effetti reversibili o irreversibili, a lungo o a breve termine. La crescente capacità che l'uomo ha di interferire con l'ambiente circostante ha determinato un conseguente aumento dei danni procurati all'ambiente e di conseguenza a se stesso. Dal secondo dopoguerra la necessità di analizzare i danni ambientali è andata crescendo assieme all'esigenza di tutela dai danni stessi. Come abbiamo detto nel precedente capitolo, il diritto ambientale è una nuova area della giurisprudenza, nata nel '800 e sviluppatasi dagli anni '60 del '900, con un approccio command and control. Tale approccio ha mostrato una serie di limiti intrinseci che hanno portato a sviluppare leggi e politiche che incoraggino l'autoregolamentazione. La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) è l'esempio più significativo di questo approccio (Heinelt et. al 2001) e l'idea centrale è che se un progetto ha una probabilità di avere una influenza sull'ambiente, questo dovrebbe essere esaminato prima che sia autorizzato.
Si innesca quindi un processo a due stadi.
- Il primo stadio consiste nel recuperare e analizzare informazioni rilevanti e nello sviluppare un giudizio che descriva i probabili effetti (impatti) sull'ambiente (quello che in Italia chiamiamo Studio di Impatto Ambientale o SIA). In teoria questo processo dovrebbe essere sia adeguato sia obiettivo e secondo Stuart Bell e Donald McGillivray (due giuristi ambientali britannici) "la VIA ideale dovrebbe basarsi su una serie di informazioni oggettive ed obiettive che possano produrre un giudizio coerente e completo" [1].
- Il secondo stadio consiste nella valutazione delle informazioni da parte di un Ente di Competenza, che deve analizzare il probabili impatti come emergono dal SIA prima di decidere l'approvazione del progetto. L'autorità competente può concludere che i benefici economici siano superiori al danno ambientale probabilmente causato dal progetto, ma non può dare l'autorizzazione senza fornire in modo chiaro le implicazioni negative che esso comporta sull'ambiente e proporre meccanismi di mitigazione o compensazione del danno.
La VIA è sostanzialmente un tentativo di dare una risposta chiara ed efficace alle limitazioni tecniche e procedurali dei vecchi metodi di "analisi costi-benefici", analisi di natura meramente tecnica ed economica. L'analisi costi-benefici celava i conflitti tra i vari obiettivi e il suo limite consisteva nel fatto che la ricerca dell'ottimo veniva effettuata esclusivamente in termini di pura efficienza economica poiché, pur facendo rientrare nelle valutazioni la tutela dell'ambiente, l'unico obiettivo era la minimizzazione dei costi.
La VIA deve essere vista come un percorso metodologico, disciplinato nei tempi e nei modi dalla normativa vigente, che parte dall'analisi delle alternative strategiche, per passare poi ad alternative tecniche, localizzative e di mitigazione in modo iterativo e con approfondimenti sempre maggiori sulla base prima del progetto preliminare, e poi del progetto definitivo, infine del progetto esecutivo.
Principi e finalità della VIA: melius prevenire quam reprimere
Ogni azione sull'ambiente può avere effetti reversibili o irreversibili, a lungo o a breve termine. La crescente capacità che l'uomo ha di interferire con l'ambiente circostante ha determinato un conseguente aumento dei danni procurati all'ambiente e di conseguenza a se stesso. Dal secondo dopoguerra la necessità di analizzare i danni ambientali è andata crescendo assieme all'esigenza di tutela dai danni stessi. Come abbiamo detto nel precedente capitolo, il diritto ambientale è una nuova area della giurisprudenza, nata nel '800 e sviluppatasi dagli anni '60 del '900, con un approccio "command and control". Tale approccio ha mostrato una serie di limiti intrinseci che hanno portato a sviluppare leggi e politiche che incoraggino l'autoregolamentazione. La Valutazione di Impatto Ambientale è l'esempio più significativo di questo approccio (Heinelt et. al 2001) e l'idea centrale è che se un progetto ha una probabilità di avere una influenza sull'ambiente, questo dovrebbe essere esaminato prima che sia autorizzato.
Le finalità principali della procedura di VIA sono chiaramente individuate nelle premesse alla Direttiva 85/337/CEE: “... gli effetti di un progetto sull’ambiente devono essere dichiarati per proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita ...”, concetto ribadito nel DPR 12 apr 1996 e ripreso in modo più approfondito nel D.lgs 152/2006, il quale all'art.4 recepisce le direttive 2001/42/CE e 85/337/CEE. In particolare:
- il comma 2 "individua, nell’ambito della procedura di Valutazione dell’impatto ambientale modalità di semplificazione e coordinamento delle procedure autorizzative in campo ambientale, ivi comprese le procedure di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (e smi) ..."
- il comma 3 specifica che "La valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la finalità di assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica. Per mezzo della stessa si affronta la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione."
- il comma 3, punto b) sostiene che la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita. A questo scopo, essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori: 1) l’uomo, la fauna e la flora; 2) il suolo, l’acqua, l’aria e il clima; 3) i beni materiali ed il patrimonio culturale; 4) l’interazione tra i fattori di cui sopra.
L'art. 3-ter del Decreto l.vo 152/2006 (Testo Unico Ambiente) sostiene che il principio dell’azione ambientale è la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, ell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.
La VIA di fatto consiste in un processo a due stadi.
- Il primo stadio consiste nel recuperare e analizzare informazioni rilevanti e nello sviluppare un giudizio che descriva i probabili effetti (impatti) sull'ambiente (quello che in Italia chiamiamo Studio di Impatto Ambientale o SIA). In teoria questo processo dovrebbe essere sia adeguato sia obiettivo e secondo Stuart Bell e Donald McGillivray (due giuristi ambientali britannici) "la VIA ideale dovrebbe basarsi su una serie di informazioni oggettive ed obiettive che possano produrre un giudizio coerente e completo" [1].
- Il secondo stadio consiste nella valutazione delle informazioni da parte di un Ente di Competenza, che deve analizzare il probabili impatti come emergono dal SIA prima di decidere l'approvazione del progetto. L'autorità competente può concludere che i benefici economici siano superiori al danno ambientale probabilmente causato dal progetto, ma non può dare l'autorizzazione senza fornire in modo chiaro le implicazioni negative che esso comporta sull'ambiente e proporre meccanismi di mitigazione o compensazione del danno.
La VIA consiste, dunque, nell'obbligo di raccogliere, grazie ad una cooperazione tra proponenti, amministrazioni pubbliche e cittadini, l'informazione più completa possibile sull'insieme dell'impatto ambientale di un intervento ed in quello di valutare l'importanza di tali impatti e di esaminare le possibili soluzioni alternative. La VIA rappresenta, inoltre, uno strumento di buona gestione amministrativa. L'informazione e la consultazione preventiva possono, infatti, tradursi in una razionalizzazione del processo decisionale ed in una riduzione dei tempi di decisione. La VIA diviene quindi uno strumento di moderna concezione che, non rifiutando le esperienze del passato, si propone come una procedura efficace nella risoluzione di problemi decisionali e come garanzia per il rispetto e la tutela dell' ambiente. La VIA inoltre è concepita come uno strumento preventivo, che abbia un'impostazione ex-ante, cioè che sappia intervenire a monte di problemi potenzialmente indotti dalla realizzazione e dalla presenza di una particolare opera. Essa viene effettuata nel caso di presenza di obiettivi o interessi conflittuali, e, di conseguenza, di soggettività nella valutazione.
Riassumendo possiamo elencare le seguenti finalità della VIA:
- facilitare i proponenti, le autorità e il pubblico, nei processi decisionali sensibili alle problematiche ambientali;
- assicurare un processo condiviso e partecipato;
- discutere soluzioni e approcci alternativi;
- impedire che progetti con impatti principalmente negativi vengano autorizzati.
La decisione e la partecipazione
Dal momento che ciascun portatore d'interesse è caratterizzato da una diversa scala di valori e valuta in modo diverso le varie componenti ambientali, economiche e sociali potenzialmente influenzate dall'opera proposta, la VIA ha un elevato livello di soggettività. Infatti, nonostante i buoni propositi, evidenziati anche nella normativa vigente, va sottolineato che il processo di VIA è spesso sottoposto a pressioni politiche di diverso tipo e il cambio di legislatura o di amministrazione può facilmente generare una maggiore o minore efficacia dell'iter procedurale. Lo sanno bene i proponenti di progetti di grandi dimensioni che tendono a ridurre l'attività progettuale nei mesi precedenti le elezioni, rimanendo a guardare e studiare quale potrà essere la linea decisionale futura.
Sebbene la natura della procedura sia di tipo tecnico e ai tavoli di lavoro (es. Conferenza dei Servizi) vengono invitate figure tecniche quali progettisti, rappresentanti di Uffici tecnici (es. Ufficio VIA comunale, ARPA, Consorzio di Bonifica, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali, Ente Parco, Autorità di Bacino, Ente per la sicurezza del Volo, Ente per la gestione della rete elettrica, ecc.), Associazioni (es. WWF, Comitati, ecc.), Forze dell'ordine (es. Vigili del Fuoco, Corpo Forestale), la difficoltà a risolvere un conflitto d'interessi attraverso un procedimento puramente tecnico determina un significativo margine politico nella decisione finale.Per ridurre al minimo, o comunque gestire nel modo più trasparente possibile, i conflitti fra le varie parti in gioco, è importante ottimizzare la comunicazione e favorire l'approfondimento dell'analisi in modo sereno rendendo trasparenti le ragioni di scelta di una determinata alternativa di progetto e rendendo il processo decisionale controllabile dai vari portatori d'interesse. Per questo motivo un elemento tanto importante quanto disatteso della VIA è quello di favorire al massimo la partecipazione pubblica. Il pubblico è dato dall’insieme vario di gruppi di interesse, comunità geografiche ed individui direttamente o indirettamente interessato dalla realizzazione di una attività. Si tratta quindi di un insieme indifferenziato formato da:
- soggetti non organizzati: individui singoli portatori anche di interessi particolari, residenti.
- soggetti organizzati: associazioni, comitati, sindacati e associazioni di categoria.
La partecipazione permette di fornire un'informazione più completa a chi deve decidere e, contemporaneamente, consente ai cittadini di esercitare un controllo sulla democraticità della decisione. L'art. 3-sexies del D.lgs 152/2006 (Testo Unico Ambiente) da diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo e in attuazione della L. 241/1990 e della Convenzione di Aarhus sostiene che "chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell’ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale."
Negli Stati Uniti la partecipazione pubblica alla VIA è tenuta molto in considerazione questo perché il confronto con il pubblico nei processi decisionali tende ad evitare fraintendimenti, a ridurre le opposizioni ai progetti perché il pubblico è generalmente più disponibile nei confronti di una azione nel momento in cui gli è stata data l'opportunità di esprimere la propria opinione. Viceversa in Europa siamo ancora nella fase in cui l'approccio politico/tecnico al processo di VIA è assolutamente prevalente. Evanthia Athanassopoulou, riferendosi all'approccio della Grecia alla VIA sostiene che "le autorità greche vedono la partecipazione più come una minaccia che come un elemento costruttivo, esse sono abituate ad una politica command and control dove la cooperazione e il dibattito assumono scarso significato. Spesso le autorità ignorano gli obblighi derivanti dal ricercare informazioni rilevanti e in tali circostanze il pubblico di fatto non ha possibilità di articolare obiezioni al progetto (Watson 2003). La situazione di fatto è identica a quella italiana e spagnola spesso l'approccio politico è addirittura superiore all'approccio tecnico. In questi paesi tipicamente mediterranei le condizioni socio-politiche non sono favorevoli allo sviluppo organico della VIA, la Spagna, in particolare ha dato assoluta priorità allo sviluppo economico sopra ogni altra considerazione e la maggior parte delle infrastrutture pubbliche sono state costruite senza che fosse completata la valutazione ambientale prevista dalla legge (EIA 1997). Casi analoghi in Italia sono il famoso progetto MOSE per proteggere Venezia dall'alta marea.
Un limite allo sviluppo?
Non va dimenticato che la VIA viene percepito come un elemento che limita lo sviluppo in quanto è un costo in più oltre a quelli di progettazione e realizzazione di un progetto e che determina un allungamento dei tempi per avere le autorizzazioni. Una dettagliata analisi di 18 casi nel Regno Unito, Spagna, Olanda e Grecia evidenzia che: a) una procedura di VIA generalmente necessita di due anni, b) costituisce lo 0,5% dell'intero costo dell'opera nel 60% dei casi e c) vi sono economie di scala, per cui se l'opera ha un costo di 100 milioni di euro il costo della VIA è dello 0,2% (ovvero all'aumentare del costo dell'opera il costo della VIA si riduce), (EIA 1996).
Dato che questi costi diretti ed indiretti non sono di fatto significativi, essi dovrebbero essere comparati con i vantaggi economici reali di una VIA di successo e quindi i proponenti dovrebbero capire che non ci sono molti margini di lamentela. Secondo Paul Stookes, direttore del United Kingdom's Environmental Law Foundation: "ogni costo sostenuto per una VIA è semplicemente un costo nello sviluppo di un progetto che è rimasto assente per troppo tempo e dovrebbe essere accettato di buon grado se i progetti proposti ed i loro impatti devono essere calcolati e determinati in modo più oggettivo" [3].
Per capire la complessità della procedura di VIA dobbiamo immedesimarci nei diversi punti di vista, spesso conflittuali che si contrappongono in una VIA: quello del proponente e quello del valutatore. Pensiamo ad una serie di opere, ad es. una autostrada, un termovalorizzatore, un parco eolico per la produzione di energia elettrica, un'opera di derivazione acque da un fiume finalizzata al miglioramento della qualità delle acque di un allevamento ittico, ad una cava di ghiaia, ecc..
Rimanendo sull’esempio del termovalorizzatore, pensiamo poi alle aspettative che il proponente (finanziatore) e le persone al contorno (progettisti, tecnici, operai, ecc.) hanno nei confronti della proposta progettuale e, infine, pensiamo alla tensione che persone non coinvolte economicamente possono avere nei confronti dell'opera (abitanti nei pressi del proposto termovalorizzatore, abitanti distanti dal termovalorizzatore, ma i cui rifiuti verranno qui smaltiti, ARPA per il monitoraggio delle variabili ambientali, Ente di gestione dell'energia elettrica, politici, amministratori, ecc.).
Se riusciamo a fare questo sforzo capiremo che la procedura di VIA nasce dal riconoscimento che il mercato e le tradizionali analisi economiche (anche le più raffinate analisi costi-benefici, per quanto in Italia largamente inutilizzate) non sono in grado, per limiti intrinseci, di tenere conto degli impatti sull'ambiente. Risulta necessario introdurre uno strumento super partes che possa valutare gli impatti complessivi (economici, sociali, floro, faunistici, ecc.) in modo indipendente e da esterno a processo di progettazione: l'ente di competenza.
Le procedure di VIA mirano ad introdurre nella prassi amministrativa ed a fare "interiorizzare" dalla Amministrazione pubblica e dagli operatori privati una valutazione sistematica preventiva, in una fase precoce di progettazione, degli effetti delle loro "azioni" sull'ambiente, inteso come insieme complesso di sistemi naturali ed umani. Le procedure di VIA possono, cioè, costituire un elemento di arricchimento e qualificazione della capacità progettuale del pubblico e del privato. Da questo punto di vista c'è anche una scommessa da compiere sulla potenzialità cooperativa del rapporto tra pubblico e privato.
Le procedure della Valutazione di Impatto Ambientale
La Valutazione d'Impatto Ambientale (VIA) è uno strumento procedurale di supporto alle decisioni in ambito pubblico che pone la salvaguardia dell'ambiente naturale e della salute dell'uomo al centro dei processi decisionali che precedono la realizzazione di un'opera o di un intervento sul territorio.
La VIA individua, descrive e valuta gli effetti diretti ed indiretti di un progetto e delle sue principali alternative, compresa l'alternativa zero, sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull'aria, sul clima, sul paesaggio e sull'interazione fra detti fattori, nonché sui beni materiali e sul patrimonio culturale, sociale ed ambientale e valuta inoltre le condizioni per la realizzazione e l'esercizio delle opere e degli impianti. La disciplina si basa sul principio dell'azione preventiva, in base alla quale la migliore politica consiste nell'evitare fin dall'inizio l'inquinamento e le altre perturbazioni anziché combatterne successivamente gli effetti.Dalla revisione delle procedure di VIA contenuta nella Direttiva 97/11/CE, anticipatamente recepiti nell'ordinamento italiano con il DPR 12 aprile 1996 e attualmente definiti dal Decreto l.vo 152/2006, il testo normativo definisce tre fasi o procedure, ovvero tre strumenti operativi:
- Delimitazione del campo di indagine e dei contenuti (scoping)
- Verifica di assoggettabilità (screening)
- Valutazione di Impatto Ambientale
Analizziamo di seguito in dettaglio.
Definizione del campo di indagine (scoping)
Lo scoping (dall'inglese to scope ovvero avere uno scopo) è la fase che si attua una volta definita la necessità dello svolgimento di una procedura di VIA, al fine di identificare gli argomenti che devono essere considerati nello Studio di Impatto Ambientale (SIA). Lo strumento scoping è quindi teso ad individuare, in consultazione tra autorità competente e proponente, quali informazioni devono essere fornite nello Studio di Impatto Ambientale, ed in particolare l'individuazione degli impatti ambientali, specialmente quelli importanti, i tipi di alternative da considerare, le misure per mitigare gli impatti. Il termine scoping è molto ultilizzato, anche se la norma italiana non lo prevede, il Decreto l.vo 152/2006 (Testo Unico Ambiente), infatti, all'art. 21, comma 1, lo scoping lo chiama "definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale" e sostiene che "il proponente ha la facolta' di richiedere una fase di consultazione con l'autorita' competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle informazioni da includere, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare.
A meno che il professionista non conosca bene la tipologia del progetto, l'area in oggetto e l'amministrazione competente (con particolare riferimento agli Enti generalmente presenti nella conferenza dei servizi), dal punto di vista pratico è buona norma chiedere l'apertura della fase di scoping. La fase di scoping può essere informale, ad esempio una serie di riunioni con rappresentanti dll'Ente competente, ma (a seconda della normativa regionale di riferimento) può essere anche una procedura formale con relative tempistiche che entrano nella tempistica complessiva della procedura di VIA.
Un’esplicita fase di scoping all’inizio della procedura offre sicuramente molti benefici in termini di trasparenza nelle decisioni, chiarezza nelle determinazioni, risparmio di tempo e di risorse. Un altro importante beneficio è costituito dalla possibilità di ridurre le considerazioni del pubblico e delle altre agenzie nel processo di Bilancio di Impatto Ambientale, se queste sono state correttamente chieste e raccolte nella fase iniziale. Lo scoping favorisce anche la programmazione e i componenti del gruppo di lavoro, in funzione del numero di aree di studio da investigare e dei fini che lo studio si ripromette. Le informazioni richieste variano da agenzia ad agenzia e caso per caso. Altrettanto determinante è, tuttavia, individuare ciò che non è importante, perché ciò permette di focalizzare meglio gli studi.
Lo scoping di fatto è un dialogo tra il proponente e l'Ente di competenza finalizzato ad ottimizzare la procedura, a chiarire modalità, termini e tipologie di approfondimento. A puro titolo di esempio elenchiamo alcuni degli accordi che possono essere raggiunti da uno scoping:
- necessità di effettuare un SIA su più alternative compresa l'alternativa 0,
- l'Ente potrebbe richiedere un approccio tecnico valutativo di tipo matriciale piuttosto che a network,
- opportunità di effettuare una doppia analisi degli impatti sia in fase di cantiere che in fase di esercizio per poi avere un valutazione complessiva degli impatti totali
- richiesta di un numero minimo di fotoinserimenti, ad esempio con indicazioni dei punti di vista da cui fare l'analisi paesaggistica
- richiesta da parte dell'Ente, di particolare attenzione ad una determinata componente (es. qualità dell'acqua, paesaggio, polverosità, ecc.) perché dalla esperienza locale quel tipo di progetto risulta particolarmente impattante su quella componente;
- richiesta di un monitoraggio ex ante (es. censimento annuale degli uccelli nidificanti e frequentanti un'area in cui si intende costruire un parco eolico);
- impostazione della partecipazione, ad es. con coinvolgimento della cittadinanza, coivolgimento dei rappresentanti dei maggiori portatori di interesse (associazioni, enti pubblici, consorzi, enti di gestione, ecc.).
Verifica di assoggettabilità (screening)
La normativa vigente presenta due tipologie di progetti: quelli che entrano direttamente in procedura di VIA e quelli per i quali è richiesta una verifica di assoggettabilità di un progetto alla VIA (screening). Si tratta di una valutazione formale per verificare se un progetto (che rientra nelle tipologie elencate nell'allegato IV del Decreto l.vo 152/2006 (Testo Unico Ambiente) e negli allegati appositi delle diverse normative regionali) debba essere sottoposta a procedura di VIA. In definitiva, lo strumento di verifica riguarda la decisione, presa sullo specifico progetto, caso per caso, dall'autorità competente se deve essere effettuato lo svolgimento di una procedura di VIA a partire dalla redazione di un esauriente Studio di Impatto Ambientale (SIA). La normativa non descrive lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) per uno screening in modo puntuale quanto per la VIA, pertanto in linea di massima va redatto un SIA sufficientemente approfondito in relazione alla tipologia e dimensione e delle opere e alla tiplogia e dimensione degli impatti prevedibili. In linea di massima l'approfondimento di un SIA per una verifica è inferiore (a parità di progetto) a quello per una VIA, il livello di approfondimento può essere concordato con l'Amministrazione competente attraverso lo scoping.
Lo scoping è letto anche come un approfondimento della verifica di assoggettabilità e entrambe le funzioni possono essere ascritte ad una macro funzione denominata Assessment Preliminare che consiste appunto in:
una descrizione orientativa delle principali azioni del progetto, nonché delle alternative considerate;
una descrizione orientativa dell’ambiente, con riferimenti alla documentazione disponibile;
un insieme di riferimenti all’assetto programmatico e pianificatorio, nonché ad eventuali preesistenti vincoli;
l’individuazione delle principali relazioni di impatto tra le azioni del progetto e i settori ambientali considerate;
le interazioni con le alternative di progetto;
la scelta delle metodologie da usare nella fase di valutazione e la definizione dei principali criteri di scelta considerati;
una prima individuazione delle modalità di redazione dello studio.
La durata della procedura, il contenuto e l'esito
Una procedura amministrativa deve avere un inizio formale dal quale far partire il tempo chel'amministrazione competente ha per esprimere i propri pareri e giudizi definitivi. Il Decreto l.vo 152/2006 (Testo Unico Ambiente) all'art. 20 indica che il livello di approfondimento sia quello di progetto preliminare (come definito dalla Legge 241/1990) e di studio preliminare ambientale come definito in fase di scoping. Al momento della consegna tali documenti il proponente da sintetico avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficiale della regione (per i progetti di rispettiva competenza), nonche' all'albo pretorio dei comuni interessati. La data di pubblicazione è quella dalla quale parte la procedura permettendo di rendere pubblico il procedimento.
Nei primi 45 giorni chiunque può fare osservazioni (art. 20, comma 3) e nei successivi 45 giorni l'Autorità competente verfica gli effetti del progetto. In totale la procedura di verifica dura quindi 90 giorni al termine dei quali l'Autorità dispone l'esclusione dalla procedura di VIA (e quindi da l'assenso al progetto) o esprime un provvedimento di assoggettabilità, con il quale si rimanda la valutazione più approfondita del progetto e dello Studio di Impatto Ambientale alla fase di VIA vera e propria. Sebbene la norma non preveda il silenzio assenso, il comma 4, chiarisce che l'amministrazione ha l'obbligo di esprimersi nei termini di legge.
Procedura di VIA
La normativa sulla VIA individua l'ambito di applicazione delle procedure di VIA ai progetti di impianti, opere od interventi elencati in appositi allegati alla legge. Sono sottoposti a VIA i progetti degli allegati II e III del D.Lgas 152/2006 (Testo Unico Ambiente) e i progetti dell'allegato IV la cui procedura di verifica si è conclusa con il provvedimento di assoggettabilità.
La VIA si esplica attraverso una procedura amministrativa finalizzata a valutare la compatibilità ambientale di un'opera proposta sulla base di un'analisi di tutti gli effetti che l'opera stessa esercita sull'ambiente e sulle componenti socio economiche interessate nelle varie fasi della sua realizzazione: dalla progettazione, alla costruzione, fino alla dismissione.
Gli elementi caratterizzanti la procedura di VIA sono:
- Studio d’Impatto Ambientale (SIA): è il documento tecnico redatto dal proponente dello studio, in cui è presentata una descrizione approfondita e completa delle caratteristiche del progetto e delle principali interazioni dell’opera con l’ambiente circostante, di cui deve essere fatto un quadro completo per quanto riguarda la situazione precedente la realizzazione dell’opera e una previsione della situazione successiva alla realizzazione.
- Coinvolgimento di tutte le amministrazioni locali interessate.
- Pubblicità del procedimento: il proponente l’opera deve depositare presso gli uffici indicati dalle amministrazioni locali coinvolte una copia del progetto, dello studio d’impatto ambientale, e della sintesi non tecnica, a disposizione di chiunque voglia consultarli. Contestualmente deve inoltre provvedere alla pubblicazione di un annuncio su uno o più quotidiani di livello provinciale, regionale, o nazionale, a seconda del rilievo dell’opera, con riferimento all’Avvio del procedimento di valutazione.
- Partecipazione al procedimento: chiunque può presentare in forma scritta osservazioni sull’opera proposta; tali osservazioni devono essere prese in considerazione per il rilascio del giudizio di compatibilità ambientale e possono dare origine a un’inchiesta pubblica per l’esame dello studio presentato e delle osservazioni.
- Il proponente e l'Autorità competente: significato ed evoluzione nella normativa
- Il proponente e l'Autorità competente sono soggetti a diverse definizioni nell'ambito del Decreto l.vo 152/2006 (Testo Unico Ambiente) attualmente vigente. Per quanto riguarda il proponente (definito anche con il termine "committente"), nella prima direttiva del 1996, all'articolo 3 (Soggetti del procedimento) comma 1, si legge che "sono denominati committente e autorità proponente, a seconda della loro natura, rispettivamente privata o pubblica, i soggetti che predispongono le iniziative da sottoporre alla procedura di valutazione di impatto ambientale."
Il ruolo di Autorità competente è ricoperto da un determinato Ente, a seconda della tipologia di progetto e della localizzazione territoriale. Il Decreto l.vo 152/2006 (Testo Unico Ambiente) all'art. 5, lettera p, definisce "autorità competente" la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilita', l'elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l'adozione dei provvedimenti conclusivi in materia di VIA, nel caso di progetti. L'art. 7 e gli allegati II, III e IV definiscono in dettaglio se un determinato progetto deve essere di competenza statale o regionale.
Nelle proprie leggi, le Regioni hanno poi ulteriormente delegato alcune competenze in materia di VIA e VAS alle Province o ai Comuni. In generale se l'opera interessa più territori amministrativi (ad esempio più Comuni o più Province) l'autorità competente sarà quella gerarchicamente sovraordinata fino al Ministero dell'Ambiente. Opere di interessamento europeo sono regolate dall'UE di Bruxelles.
Per fare un esempio concreto: per quanto concerne l'Emilia Romagna, l'art. 5 della LR 9/1999 e s.m.i., individua diverse autorità competenti. Ad esempio, "il Comune è competente per le procedure relative ai progetti elencati negli Allegati A.3 e B.3"; consultando gli allegati A.3 e B.3 si legge che una delle opere sotto la giurisdizione del Comune è "Cave e torbiere con più di 500.000. mc/a di materiale estratto o di un'area interessata superiore a 20 ha." Ancora, "la Provincia è competente per le procedure relative ai progetti elencati negli Allegati A.2 e B.2" dove si legge che "Elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km" prevedono appunto la Provincia come Autorità competente. Un'ultimo esempio per quanto riguarda il caso in cui la Regione sia chiamata a ricoprire il ruolo di Autorità competente è "Dighe ed altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, a fini non energetici, di altezza superiore a 10 m e/o di capacita' superiore a 100.000 mc".
La durata della procedura, il contenuto e l'esito
Il momento di inizio della procedura è dato dalla data di presentazione dell'istanza da parte del proponente all'autorita' competente. Ad essa sono allegati il progetto definitivo (come definito dalla Legge 241/1990), lo studio di impatto ambientale, la sintesi non tecnica e copia dell'avviso a mezzo stampa (ovvero la pubblicazione su un quotidiano), l'avviso sarà anche pubblicato sul sito web dell'autorità competente.
La durata complessiva della procedura è di 150 giorni (Decreto l.vo 152/2006 (Testo Unico Ambiente) art. 26, comma 1) al netto delle richieste di integrazioni che l'autorità competente può richiedere al proponente in un unica soluzione. I primi 60 giorni della procedura sono a disposizione di chiunque voglia fare osservazioni.
La consultazione di una procedura di VIA è gestita all'interno di una Conferenza di Servizi, la quale è un istituto di semplificazione amministrativa dell'attività della pubblica amministrazione, volta ad acquisire autorizzazioni, atti, licenze, permessi e nulla-osta comunque denominati mediante convocazione di apposite riunioni collegiali, i cui termini sono espressamente disposti dalla Legge 241/1990 e s.m.i. Le determinazioni della Conferenza di Servizi si sostituiscono alle autorizzazioni finali ed hanno lo scopo di velocizzare la conclusione di un procedimento amministrativo, ad esclusione di "concessioni edilizie", "permessi di costruire" e "DIA" (i quali sono a loro volta normati dal DPR 380/2001). Il comma 1 dell'art. 14 quater, della Legge 241/1990 stabilisce che il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni convocate alla Conferenza di servizi, a pena di inammissibilità: deve essere manifestato nella Conferenza di servizi; deve essere congruamente motivato; non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della Conferenza; deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso.
Al termine della procedura l'autorità competente emette un provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale il quale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o intervento.
La normativa in materia di silenzio dell'amministrazione è molto chiara, dato che all'art. 26, comma 5, sostiene che "in nessun caso può farsi luogo all'inizio dei lavori senza che sia intervenuto il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale."
Il rapporto tra la VIA e la VAS
La VIA si occupa per natura e tradizione di progetti, ma dai primi anni 2000 in Europa vi è un approccio a monte della valutazione di progetti detto Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Nonostante il termine è in uso dalla fine degli anni '80 del '900 il suo preciso significato era incerto e l'oggetto della VAS variava da paese a paese. La VAS è stata introdotta a livello comunitario dalla Direttiva 2001/42/CE la quale richiede agli stati membri di garantire procedure di valutazione ambientale allo stadio di pianificazione. La VAS si applica a piani di scala locale, regionale e locale predisposti dalle autorità competenti e che possono avere effetti significativi sull'ambiente (art. 1 e 2). La valutazione è richiesta per piani di agricoltura, foreste, pesca, energia, industria, trasporto, gestione rifiuti, gestione idrica, telecomunicazioni, turismo, pianificazione urbana e territoriale. La direttiva prevede esplicitamente l'obbligo di consultare il pubblico fin dalle prime fasi della pianificazione (art. 6).
La VAS è quindi uno strumento di tutela ambientale affine alla VIA per finalità, natura giuridica e principali profili procedurali (partecipazione del pubblico e pubblicità), ma si distingue dall’ultima per il diverso ambito applicativo. La VAS è infatti volta a valutare in via preventiva gli effetti sull’ambiente non già di opere o progetti, ma si attività pianificatorie e programmatiche, anticipando in tal modo la tutela ambientale ad uno stadio antecedente alla redazione del singolo progetto (TAR Campania, Napoli, Sezione I — 14 aprile 2008, n. 2135).
La Direttiva sulla VAS è stata recepita dal D.lgs 152/2006. Con le modifiche introdotte dal D.lgs 4/2008 non è più presente un autonomo articolo dedicato alle relazioni tra VIA e VAS, qual’era il pre-vigente art.33, ma se ne fa riferimento nell'art. 10 (Norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti). L’art. 10, prosegue affermando al comma 5 che “nella redazione dello studio di impatto ambientale [SIA] ... relativo a progetti previsti da piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale [VAS], possono essere utilizzate le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale” che costituisce il documento che deve essere predisposto insieme al piano/programma da sottoporre a VAS. Inoltre il medesimo comma prevede che “nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS”.
La norma riprende l’abrogato art. 33, secondo cui “per progetti di opere ed interventi da realizzarsi in attuazione di piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale strategica, e che rientrino tra le categorie per le quali è prescritta la valutazione di impatto ambientale, in sede di esperimento di quest’ultima costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi positivamente valutati in sede di valutazione di impatto strategico o comunque decisi in sede di approvazione del piano o programma”. Ciononostante va sottolineato che mentre l’art. 33 disponeva che tutti gli elementi positiva valutati in sede VAS (o comunque decisi in sede di approvazione del piano o programma) costituiscono dati acquisiti ai fini VIA, la nuova disposizione afferma che tutte le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale possono essere utilizzate anche nella procedura di VIA e adoperate nella redazione del SIA.
Sparisce, dunque, un’automatica trasposizione di dati, ancorché positivi, da un livello procedurale (VAS) all’altro (VIA): tutta la documentazione e le conclusioni della VAS sono si tenute in considerazione nell’istruttoria finalizzata al rilascio del Provvedimento di VIA, ma sono comunque vagliate dall’Autorità competente, che, pertanto, potrebbe anche dissentire dallo stesso esito. L'art. 19 comma 2 dice che "Per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si è conclusa positivamente la procedura di VAS, il giudizio negativo ovvero il contrasto di valutazione su elementi già oggetto della VAS è adeguatamente motivato".
Va però osservato che da un lato, poiché l’organo deputato all’istruttoria tecnica è in entrambi casi la Commissione VIA-VAS, risulta improbabile che lo stesso organo si discosti dall'esito di una istruttoria che esso stesso ha già svolto in sede di VAS. In conclusione, ma dall'altro lato VIA e VAS restano valutazioni distinte, autonome e non sovrapponibili: l’una (VIA) non può ritenersi in alcun modo la prosecuzione dell’altra (VAS).
L'approccio giustificativo
Spesso la relazione del SIA è progettata, pensata e sviluppata in favore del proponente del progetto e talvolta ha una mancanza di obiettività decisamente inaccettabile. Il problema non è facilmente risolvibile, basti pensare che il soggetto che paga il SIA è per legge il proponente, il quale ha ovviamente tutto l'interesse a far si che il SIA venga il più possibile trasformato in uno strumento giustificativo del progetto stesso piuttosto che di valutazione delle interferenze sull'ambiente. Il professionista stesso che redige il SIA, nella maggior parte dei casi una persona fisica o un'azienda privata, ha interesse a garantire il successo della proposta/progetto per mantenersi il cliente nel lavoro successivo. Per questo paesi come la Croazia e la Repubblica Ceca hanno stabilito sistemi di accreditamento per il consulente responsabile della redazione dello Studio di Impatto Ambientale [2]. Rimanendo in Italia, non essendo la valutazione ambientale oggetto di tutela di un albo professionale, l'elemento di garanzia della procedura viene dal fatto che l'Ente che valuta è in linea di principio super partes, infatti l'Ente competente per la procedura di approvazione del progetto (procedura di VIA) è un ente pubblico. Se lo sviluppo di un progetto è controverso (ovvero in Conferenza dei Servizi emergono dubbi in merito), possono essere richieste integrazioni dai portatori di interesse coinvolti nel processo (agenzie, enti, cittadini, ecc.) e, in casi particolari, uno studio può essere commissionato dall'Ente di Competenza.
Bibliografia
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EIA 1997. Environmental Impact Assessment: Myth or Reality? Lessons from Spain' (1997), 17, Environmental Impact Assessment Review, 123-142, at 124.
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Heinelt H., T.Malek, N.Staeck, A.E. Toller, 2001. Environmental Policy: The European Union and a Paradigm Shift', in H.Heinelt, T.Malek, R.Smith, and A.E.Toller, editors, European Union Environment Policy and New Forms of Governance (Ashgate, Aldershot, UK; 2001), 1-32. E.W.Orts: Reflexive Environmental Law (1995), 89(4), Northwestern Law Review, 1227-1328.
Watson M., 2003. Environmental Impact Assessment and European Community Law, XIV International Conference "Danube-River of Cooperation", Beograd, November 13-15, 2003.
[1] Environmental Law (5th ed, London, 2000), 347. See also P. Winter: Environmental Impact Assessment: Professional Integrity and Public Participation (2001), 8, The Environmentalist, 22-24.
[2] Report on Environmental Policy in Transition: Lessons Learned from Ten Years of UNECE Environmental Performance Reviews (United Nations Economic Commission for Europe, 2003), 37: http://www.unece.org/env/documents/2003/ece/cep/ece.cep.99.e.pdf
[3] Getting to the Real EIA' (2003), 15(2), Journal of Environmental Law, 141-151, at 143.